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Oltre Stranger Things- La recensione dell’after-show di Netflix

Stranger Things

Era il 2016 quando i fratelli Matt e Russ Duffer concretizzarono la loro nuova idea di cinema tramite un mezzo televisivo, con Stranger Things.

Stranger Things è diventata uno dei fenomeni più importanti e popolari degli ultimi anni, tant’è che tutti ne parlano e tutti sembrano seguirla appassionatamente. Nonostante gli estimatori della serie, c’è chi tra il pubblico la reputa inferiore a quel che viene descritto. D’altro canto, non si può nascondere l’impatto che Stranger Things ha avuto sul mondo.

Stranger Things
Un’immagine dell’after-show di Stranger Things.

Dopo la prima stagione, con un finale aperto, i Duffers ci hanno voluto fare un dono: una seconda stagione. Essa, non sarà fortunatamente l’ultima, nonostante abbia per metà un lieto e concluso fine. In attesa della prossima e misteriosa stagione della serie vincitrice di 5 premi Emmy su 18 candidature, Netflix ha distribuito un regalo per i fan.

Beyond Stranger Things è un after-show della serie costituito da 7 puntate e condotto da Jim Rash, con interviste esclusive ai creatori, al produttore, al cast e alle new entries. L’after show ci pone davanti tutti gli interpreti di ogni personaggio che lo spettatore ha vissuto e amato col trascorrere delle puntate.

Vediamo le personalità degli attori emergere ma al contempo confondersi con ciò che sono i reali pensieri dei personaggi da loro interpretati. Essi si fondono, come se quei ragazzini eroici fossero stati cuciti sui loro stessi panni.

Stranger Things
Undici e Mike di Stranger Things.

Stranger Things è, come viene descritto dagli ideatori, un ‘’orrore cosmico’’ che ci mostra un nemico ‘’lovecraftiano’’. L’orrore  nella serie proviene da una dimensione sconosciuta, in precedenza soprannominata ‘’Inferi’’, poi ‘’sottosopra’’. Un orrore che può essere descritto come il mostro ombra, creatura conosciuta da tutti come il Mind Flayer.

L’horror messo in evidenza dai Duffers, è qualcosa che ha origine nel suo intreccio con il mondo della fantascienza.  La fantascienza, infatti, è generalmente intrisa di teorie e storie nuove. Queste teorie mostrate originalmente in Stranger Things (per l’appunto, ”Cose sconosciute”) riprendono le idee del multiverso.

Il multiverso, qui chiamato ”sottosopra”, è una dimensione parallela a quella terrena. Il fulcro della serie è la sua origine e il suo intreccio con la nostra dimensione terrena. Perché questa specie aliena e metafisica vuole nuocere all’umanità? Tutto ciò, funge da addobbo per rafforzare legami umani e creare la forza, data solo dall’unione più pura dei giovani paladini di Hawkins.

Stranger Things
Natalia e Noah nell’after-show di Stranger Things.

Lo show, che ci fa entrare nel mondo personale del team, mette in luce i punti salienti della seconda stagione di Stranger Things. Ciò, interrompendo l’intimità tra gli attori e gli ideatori e rendendoci parte integrante di questo enorme e solido progetto. Il personaggio più imponente della serie, quello di Undici (Eleven) è stato il primo a essere esaminato.

Nell’ultima stagione assistiamo a un’evoluzione dell’eroina interpretata dall’impeccabile e talentuosa Millie Bobby Brown. Se prima non ne si conosceva quasi la storia, la provenienza e la personalità, qui abbiamo un’esplosione di risorse. Undici, infatti, viene divisa in due parti di sé, messe a nudo come non mai. Da un lato, il tratto ribelle e aggressivo (che era motivo della sua forza anche nella stagione precedente).

Dall’altro, la parte più sensibile e fragile che fuoriesce con la presenza di Mike (il portento e riservato Finn Wolfhard). Siamo di fronte, quindi, all’umanizzazione del personaggio di Undici, visto inizialmente come un alieno fuori luogo. Un alieno che, nei recenti eventi, trova finalmente sé stessa e capisce quale luogo sia per lei, casa.

Stranger Things
Millie e Finn sono i protagonisti principali di Stranger Things.

La forza di Stranger Things è il potere evocativo di tutta la squadra insieme, composta da Mike, Undici, Will, Dustin e Lucas, a cui poi si aggiungeranno altri elementi. Nonostante il fenomeno a cui il pubblico è più legato sia Dustin (un adorabile Gaten Matarazzo), l’after-show ci dimostra ancora una volta che è Millie Brown l’effettiva star dello show.

Soggetto di recenti critiche sulla sua sessualizzazione, l’affascinante e fenomenale tredicenne Millie risulta anche qui molto matura per la sua giovane età. La Brown è, positivamente, una figura fresca che stupisce e ammalia per il suo talento innato. A ciò si aggiungono la bellezza genuina e puerile e le capacità d’espressione e di movimento. Un portento cinematografico che, nella vita reale e nel rapportarsi con il prossimo, riesce ugualmente a far risplendere i riflettori su sé stessa.

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Sadie Sink e Dacre Montgomery sono Billie e Max in Stranger Things.

Dall’altra parte invece, abbiamo la stupefacente new entry Sadie Sink, nel ruolo di Max. Sadie, interpreta la ribelle e dura Maxine, sorella del narcisista Billie (interpretato da un ottimo Dacre Montgomery nei panni nel nemico umano della storia). Sadie, a differenza di Millie, appare meno sciolta, un’adolescente più timida ed emozionata.

La giovane, dolce e spaventata dai film horror, è permeata da un’ingenuità e una semplicità evidenti. Lo si vede già dal suo notevole imbarazzo nel dare il suo primo bacio al collega Caleb McLaughlin (Lucas).

Questa personalità è in contrasto con quella di Millie Bobby Brown, che con il team ha, giustamente, più familiarità. Se Sadie appare come un’angelica fanciulla inibita (diversamente dalla sfrontata e incontrastabile Max), la sua collega si mostra sciolta, sicura di sé e a suo agio nella sua abile capacità di adattamento in un’atmosfera in cui sembra ormai normale interagire con gli adulti.

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I fratelli Duffer, ideatori di Stranger Things.

Una delle tante morali che vuole insegnarci Stranger Things, serie ricca di omaggi al cinema, è l’uccisione dell’avanzata tecnologia. La serie infatti, figlia del 1980 come i fratelli Duffer, è in netta lotta contro l’uso della tecnologia dei nostri tempi. La vicenda, come possiamo constatare, non avrebbe potuto avere vita in un’epoca come la nostra, dove tutto è guidato e controllato dalla tecnologia.

E’ un’era dove chiunque può rintracciarti e ciò avrebbe tolto tutto l’alone di mistero che caratterizza l’opera dei Duffer. Il mistero è alla base di tutto, il mistero di non sapere dove potrai recarti, di non sapere il luogo in cui ci si trova, chi incontrare o dove rintracciare le persone. Il rischio dell’avventura è qui quindi maggiormente vivo, grazie a un’intensa adolescenza vissuta con le azioni e non tramite la dipendenza da smartphone.

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Jim Rash con Finn Wolfhard, Millie Bobby Brown, il produttore Shawn Levy e i fratelli Duffer, nell’after-show di Stranger Things.

La seconda stagione non ha solo portato al sistema di Stranger Things ulteriori personaggi, bensì ha approfondito e sviluppato i precedenti. La loro magnifica evoluzione ha stupito soprattutto nel caso del personaggio di Steve Harrington (Joe Keery). Egli, nato come stereotipo del bulletto anni ’80, da egoista è mutato ad altruista e difensore del team di ragazzini.

In particolare, l’emblema della stagione è stato il suo tenero intreccio fraterno con Dustin (Gaten Matarazzo). Anch’egli nato come uno stereotipo, grazie all’unicità del suo interprete, ha assunto una personalità propria e immancabile in quello che poi è divenuto la mascotte del team. La capacità dei creatori si vede da come hanno saputo unire due personaggi così diversi tra loro creando qualcosa di speciale e imprevedibile.

Stranger Things

Come ogni opera, Stranger Things è contornata da un’importante e curata colonna sonora, adattata alle circostanze e al suo spirito. ”Every breath you take” dei Police, ad esempio, inserita nella scena finale del ballo, ne è una dimostrazione. Essa è il simbolo che c’è qualcosa, fuori, nascosta nell’oscurità.

Essa è in agguato, intenta a osservare i protagonisti e a non lasciarli mai tranquilli neanche dopo la quiete. Proprio come fa uno stalker.  Difatti, nel frame finale di stagione ci viene mostrato che, nonostante sembri tutto finito, il Mind Flayer (creatura nemica), è ancora lì a controllare le sue prede.

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La sigla dell’after-show di Stranger Things.

I fratelli Duffer, registi anche del magnifico horror Hidden, hanno creato un’opera sopravvalutata e sottovalutata al contempo da molti, ma che, nonostante sia un miscuglio tra i film della Brat Pack , gli horror e i fantascientifici anni ’80, possiede una propria identità.

Stranger Things si addentra nel terrore che può provare l’uomo di fronte all’ignoto, qualcosa di sconosciuto e più grande. Un plauso ai Duffers, che hanno saputo sfondare nel mondo delle serie tv odierne riuscendo a creare un vero e proprio mondo, un universo unico e imperdibile.