Home Rubriche Normal People, è irlandese la migliore serie dell’anno

Normal People, è irlandese la migliore serie dell’anno

In 12 episodi da 30 min di fuoco l'uno, Normal People racconta i millenial in maniera vera e mai banale, un instant cult di rara potenza orchestrato alla perfezione. E fa anche un male cane

Normal People

Viviamo in un’epoca in cui il concetto di amore è spesso deriso e sminuito, trattato dai vari media in maniera semplicistica e superficiale soppiantato da disillusione e nichilismo. Soprattutto tra le serie tv, questa differenza è netta e ben marcata con la qualità di produzioni spesso frivola, banale e fastidiosa. Poi è arrivato Fleabag e ci ha insegnato che anche nella serialità il concetto di amore poteva essere trattato in modo anti-convenzionale, autoriale, acuto e non banale. 2020: è la volta di Normal People raccontare un amore grandioso e devastante e probabilmente è la migliore serie dell’anno.

Andiamo per ordine. Normal People è l’adattamento dell’omonimo romanzo di Sally Rooney, uscito nel 2018 e divenuto in poco tempo caso letterario un po’ in tutto il mondo. Sviluppato da una partnership BBC – Hulu, curato dalla stessa autrice in qualità di sceneggiatrice e produttrice e co-diretto da Lenny Abrahamson (si proprio lui, il regista che in Frank ha trasformato Fassbender in atipico musicista rock costringendolo a recitare per tutto il tempo con un enorme testa di cartapesta e che ha fatto vincere l’Oscar a Brie Larson in Room) e da una veterana della tv made in UK.

La storia è quanto di più semplice possa esserci: Marianne, proviene da una famiglia ricca (e stronza), ragazza intelligentissima ed emarginata, sicura di se, riluttante ai rapporti sociali è evitata da tutti. Lui, Connel lo sportivo più popolare della scuola non risponde assolutamente all’archetipo del genere: vorace lettore, intelligentissimo anche lui, timido, insicuro e di una sensibilità non comune. Provengono entrambi dalla stessa sperduta contea irlandese, si conoscono (clandestinamente) a scuola e provano a stare insieme, sopravvivendo in qualche maniera, fino alla fine dell’università.

Normal People

Non c’è nessuna trama, solo un susseguirsi di eventi, di esperienze e come nei più grandi romanzi classici è il tempo che scorre ad essere l’elemento ostile. Raramente una serie si è impegnata così tanto nel complicare le acque di un rapporto: nel corso degli anni i due si prendono, si lasciano, si rincorrono, si riprendono, si amano, si rilasciano e si ri-amano ancora. Una storia d’amore complicata ed intensissima tra due persone provenienti da contesti completamente opposti ma dallo spirito così affine. Connel e Marianne non sono mai se stessi, se non l’uno con l’altro.

Gli autori intrecciano una storia di struggimento e piacere a temi attualissimi come l’alienazione sociale, la solitudine, l’autodistruzione, la depressione, l’ansia, la mascolinità tossica, l’importanza del consenso. Viene riprodotto perfettamente quel senso di disagio che troppe volte ci pervade, quel sentirsi costantemente inadeguati e fuori dal mondo. Vengono ribaltati i generi, rovesciati i clichè.


Una storia di struggimento e piacere intrecciata a temi attualissimi come l’alienazione sociale, la solitudine, l’autodistruzione, la depressione, l’ansia, la mascolinità tossica, l’importanza del consenso.

Nonostante le evoluzioni del plot e la cura maniacale ai dettagli, il racconto è in tutto e per tutto focalizzato sui personaggi (character-driven), sulla loro complessità ed evoluzione interiore che cambia nel corso delle puntate e nel trascorrere delle ore. Merito senza dubbio va ai due attori esordienti: Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal, sono il cuore pulsante di tutto, danno letteralmente corpo ad un ventaglio di emozioni ampissime.

Completezza attoriale indirizzata alla perfezione da una regia e da una scrittura attente e precise. Si lavora benissimo di sottrazione, si dilatano e tempi e le immagini. Quello che in altre parti viene urlato e sbandierato qui rimane sommesso. C’è tanto di non detto in Normal People che fa male più di mille parole sbattute in faccia. A parlare sono le immagini, i volti, le espressioni i corpi nudi (c’è anche tantissimo sesso, sesso pudico, reale, ripreso benissimo).

Normal People

Una nota a parte merita la colonna sonora, un mix di generi, canzoni del passato e presente, che si amalgamano alla perfezione: dall’ambient di Max Richter all’inconfondibile voce ed arpeggio di Nick Drake, al genio di Elliot Smith al hip-hop minimalista di Frank Ocean, la soundtrack diventa un vero e proprio racconto nel racconto capace di ripercorrere gli snodi emotivi della trama.

Con un formato facilmente fruibile e flessibile di 12 episodi per 30 min ciascuno, Normal People racconta i millenial in maniera vera e mai banale, un instant classic di rara potenza orchestrato alla perfezione. Storie di Persone Normali forse, ma sicuramente non comuni.

Articolo precedenteTeneT – il ritorno al futuro secondo Nolan
Articolo successivoWilly, il principe di Bel-Air: HBO Max annuncia le riprese di una reunion speciale
Chief editor e Co-fondatore

Cresciuto a massicce dosi di cinema, fin da giovane età veniva costretto dal padre a maratone e maratone di Spaghetti-Western. Leggenda narra che la prima frase di senso compiuto che uscì dalla sua bocca fu: “Ehi, Biondo, lo sai di chi sei figlio tu? Sei figlio di una grandissima……” Con il passare del tempo si è evoluto a quello che è oggi: un cinefilo onnivoro appassionato di cinema in ogni sua forma che sia d’intrattenimento, d’autore o l’indie più estremo. Conteso da “Empire”, “The Hollywood Reporter”, “Rolling Stone”, ha scelto Jamovie perché, semplicemente, il migliore tra tutti.