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Molto fumo, poco arrosto : “We are still here” – di Ted Geoghegan (2015)

Tanto fumo. Ma forse sotto di esso tutto quel grande arrosto poi non c’è. O meglio, forse ce ne poteva essere di più.
Il fumo la fa da padrone nell’esordio cinematografico del regista Ted Geoghegan, intitolato “We are still here”. Si perchè nella nuova dimora dei coniugi Sacchetto ( cognome di blande origini italiane o scelta del regista dopo essersi fumato l’inverosimile? ) quando si sente, vede, percepisce presenza di fumo, sono veramente volatili per diabetici.
La coppia protagonista, Anne e Paul ( interpretati da Barbara Crampton e Andrew Sensenig ), si trasferiscono in un’innevata zona del New England per cambiare aria dopo la morte del loro figlio Bobby, che ha sconvolto maggiormente la madre, caduta in depressione. Il trasloco però non riesce a dare ai coniugi la svolta sperata, soprattutto per Anne, che è convinta di avvertire continuamente la presenza del figlio all’interno della loro nuova dimora.

01 We are still here

Le cose si complicano dopo che anche i vicini dei Sacchetto li avvisano che all’interno di quell’abitazione, appartenuta un tempo alla famiglia Dagmar, non sono al sicuro.
La trama della pellicola di Geoghegan non è di certo una delle più originali, ma per svariati motivi, i presupposti per un ottimo lavoro c’erano tutti : l’ambientazione recita 1979, il tocco vintage che richiama quel capolavoro passato troppo sottotraccia che è “The house of the devil” di Ti West c’è e si vede, anche se non è così marcato, così come si possono notare altri rimandi a vecchie pellicole horror che hanno fatto la storia o che si sono comunque fatte notare all’interno di questo genere.
Anche il cast non è male, perchè oltre alla presenza di Barbara Crampton ( che avevamo visto l’ultima volta in “ You’re next” ) abbiamo anche Laurence T. “Larry” Fessenden ( già presente in tantissime pellicole horror degli anni precedenti, come “Cabin fever 2”, “We are what we are” e “Stake land”) e Lisa Marie ( “Ed Wood” e “The lords of Salem”) .
Sangue e violenza non mancano, nonostante siano concentrati maggiormente nella second a parte del film, e le tematiche che la pellicola tocca sono si le solite che altri film di genere hanno toccato in passato ma che riscuotono comunque sempre il loro successo : la rielaborazione del lutto, la comunità ostile, i vicini che non ci stanno molto con la testolina e la casa che sembra infestata da qualcosa / qualcuno che non si capisce bene cosa voglia.

02 We are still here


Quello che personalmente non ha fatto breccia in me in “We are still here” è stato il non pigiare di più sull’acceleratore una volta che avevano in mano tutti questi ingredienti di partenza.
Partiamo dall’ambientazione , si vintage, si di rimando agli anni 70’-80’ , ma di rimando parliamo, e non troppo. Non possiamo certo sempre aspettarci l’essere proprio ripiombati in quegli anni come aveva fatto West in “The house of the devil” ma qualcosa di più caratteristico si poteva inserire.
Altra cosa la comunità : l’unica scena in cui la presenza di un gruppo di persone del posto ostile ai nuovi arrivati la si nota ( anche se davvero bene) nella scena della cena al bar, per il resto il tutto rimane troppo in superficie e non viene approfondito quanto lo si sarebbe potuto e forse dovuto fare.
Stessa sorte è toccata ai due vicini, che vediamo all’inizio, per avvisare i coniugi della non tanta “tranquillità” della casa, ed alla fine, quando ormai abbiamo capito cosa realmente la casa nasconde. Il sangue nella parte finale ce n’è a quantità industriali, ma forse si esagera anche.
La tensione non è proprio al massimo come invece una storia del genere avrebbe dovuto creare, e come per esempio il sempre citato “The house of the Devil” sapeva creare senza far avanzare nemmeno di un millimetro la trama.
Ed allora sotto la coltre di fumo di cui prima accennavamo resta si qualcosa, come i vari rimandi alle pellicole passate, la scena della cena al bar, l’interpretazione /nonostante il basso minutaggio) di Fessenden, che ci ricorda un altro personaggio di un capolavoro del passato che aveva una fisionomia simile alla sua, si trovava in un posto sempre pieno di neve, e che non aveva tutte le rotelle apposto ( la luccicanza vi sarà d’aiuto ). Il ricordo però stavolta supera il nuovo, quello che il film ci ricorda delle vecchie pellicole supera il gradimento della pellicola stessa, e se comunque gli 84 minuti di durata non sono sprecati, non sono nemmeno di certo nemmeno il miglior investimento che un amante del genere horror possa fare.
Un’altra occasione non totalmente, ma di sicuro in parte, andata in fumo.