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Meduse: Le donne di Tel Aviv

Keren (la bellissima Noa Knoller) si rompe una gamba il giorno del suo matrimonio, costringendo la novella coppia a rinunciare alla vacanza caraibica.

Batya (Sarah Adler) è una giovane cameriera per catering matrimoniali. La sua vita sentimentale si è appena conclusa (in una folgorante scena iniziale). La sua famiglia è un disastro.

Il padre ha una discutibile relazione con una modella bulimica e la madre vanesia fa la carità solo per guadagnare di immagine. Un giorno in una spiaggia incontra una silenziosa e misteriosa bambina (Nikol Leidman) dai capelli rossi bagnati con un’inseparabile ciambella salvagente.

Joy (Ma-nenita De Latorre) è infine una colf filippina, immigrata in un paese che praticamente non parla l’inglese. Nel suo primo giorno di lavoro, vede morire un’anziana donna.

Intanto i novelli sposini prenotano così una camera d’albergo, dove la presenza di una misteriosa scrittrice mette già a rischio la loro relazione.

Presentato nella Settimana Internazionale della Critica del 60º Festival di Cannes, Meduse ha vinto la Caméra d’or per la miglior opera prima del Festival. Film a quattro mani diretto da Shira Geffen e Etgar Keret, ci parlano di un Israele diverso.

Un terra senza conflitti, violenza, ideologie e storie laceranti di sangue coabitazioni forzate. Un cinema sospeso tra poesia e qualche vezzo autoriale ma sempre minimalista e magico.

I due registi, Etgar Keret e Shira Geffen (marito e moglie, entrambi scrittori), sorvolano le tematiche socioculturali, concentrandosi su portrait umani e sensibili figure femminili. Entrano ed escono dai tre filoni narrativi cercando di cullare lo spettatore tra realtà e fantasia. Gli autori ci parlano di madri e di figlie in balia delle acque come le meduse. Di riconciliazioni, del passato, quello da tenere ben stretto e quello da lasciare andar via con un soffio. Sullo sfondo il mare azzurro evocativo e catartico come quello di Djibril Diop Mambéty o quello di Kitano tra i tanti.

Regia e fotografia scolastiche ma efficaci, sceneggiatura ambiziosa e un cast perfettamente a suo agio. Cinema d’autore stimolante anche quando si gongola nei suoi clichè stilistici e narrativi.