Home recensioni biografico Mary Shelley: la vera storia dell’autrice di Frankenstein – La Recensione

Mary Shelley: la vera storia dell’autrice di Frankenstein – La Recensione

Primi anni del XIX secolo. Mary Wollstonecraft Godwin (Elle Fanning), figlia della defunta filosofa Mary Wollstonecraft e dello scrittore politico William Godwin, vive con il padre, la sua nuova moglie e la sorellastra (Bel Powley). Mary, poco più che adolescente, ha una spiccata intelligenza, ma anche un’anima ribelle che la porteranno ad avere alcuni screzi con la sua matrigna.

Per tal ragione la ragazza viene mandata a studiare in Scozia presso alcuni amici del padre. Qui la futura scrittrice conosce il giovane e tormentato poeta Percy Bysshe Shelley. Tra i due nasce subito una travolgente storia d’amore.

Ma Percy ha già un matrimonio fallimentare alle spalle con tanto di figlia al seguito. La relazione tra i due scrittori diventa così scandalosa per i bigotti tempi della moralità dell’Inghilterra tardo georgiana.

Dopo varie peripezie e non pochi problemi economici Percy, Mary e la sorellastra Claire vengono invitati a Ginevra dal celebre poeta Lord Byron. Tra gli ospiti anche il medico e romanziere John Polidori. Qui tra triangoli amorosi e fiumi di alcol, in una delle tante sere di pioggia gli scrittori si sfidano in una gara sul componimento di un racconto horror. Il challenge non avverrà mai, ma da quell’iniziativa usciranno fuori due opere: il celebre romanzo breve Il vampiro, erroneamente attribuito a Lord Byron, ma in realtà scritto dal Polidori e soprattutto Frankenstein o il moderno Prometeo. Anche questa opera viene inizialmente attribuita a Percy Shelley ma in realtà frutto dei turbamenti romantici ed esistenziali della giovanissima Mary.

Dopo un lungo e travagliato iter per la ricerca di un editore disposto a pubblicare l’opera d’esordio di una donna, per di più 18enne, Mary riuscirà a consegnare, con la propria firma, uno dei romanzi gotici più importanti di sempre. La “creatura sublime” che entrerà di diritto nell’immaginario collettivo tanto letterario quanto cinematografico mondiale.

L’idea di realizzare un pamphlet femminista tanto nobile, quanto colto, all’indomani del terremoto morale Weinstein, è di per sé una scommessa già vinta in partenza.

Affidarne la regia a Haifaa Al-Mansour (La bicicletta verde), prima autrice donna saudita, amplifica poi l’argomento fino ad affrontare in un sol colpo anche l’ortodossia della cultura restrittiva araba.

 

Regalare alla bellezza ectoplasmatica di Elle Fanning la parte di Mary Shelley, con la sua eleganza boho-chic, è poi la ciliegina sulla torta.

Ma alla fine incredibilmente nulla di ciò salva il film da un biopic didascalico e noioso. Un’operazione eccessivamente studiata a tavolino e scarica di ogni urgenza e mordacità espressiva. Tutto ciò che la Shelley aveva riposto nei tormenti esistenziali ed elegiaci della sua Creatura.

Haifaa Al-Mansour sbaglia tutto, dalla regia orizzontale e pavida, alla scrittura scontata e noiosa. Finanche la scelta e la direzione degli attori risultano completamente banali e affettati.

Il risultato finale è un melo gotico per adolescenti orfani di Edward Cullen e Bella Swan.

Neanche il processo di stimolazione tramite la corrente elettrica galvanica, tanto amata dalla scrittrice britannica, riuscirebbe a rianimare lo spettatore da questo oltremodo costoso teen drama.