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Luna Nera- il fantasy made in Italy

Su Netflix la nuova serie tv fantasy made in Italy

Il 31 Gennaio sbarca sulla piattaforma Netflix “Luna Nera”. La serie fantasy, targata Fandango, è incentrata sul tema della caccia alle streghe. Con un cast quasi interamente al femminile, capace di dare grandi spunti di riflessione, ma frenata allo stesso tempo, da limiti formali.

Siamo nell’Italia del 1600. Un’anziana levatrice e sua nipote, Ade, aiutano una donna a partorire. La giovane viene scossa da una premonizione, che l’avvisa della morte del neonato. Tale fatto fa cadere su nonna e nipote l’accusa di stregoneria. Mentre la prima verrà giustiziata, Ade e il fratellino Valente scappano. I due trovano rifugio presso le Città Perdute, una congrega di donne che accoglie i nuovi venuti.

Il gruppo dovrà difendersi su più fronti dalle minacce che si apprestano ad arrivare. Il ritorno di Marzio, un mago scomunicato e i Benandanti (un gruppo che ha il compito di trovare, torturare e uccidere le streghe). Ade si ritroverà divisa tra la sua natura di strega e l’amore per Pietro, il figlio del capo dei Benandanti.

“Luna Nera” si ispira alla trilogia di Tiziana Triana, che si apre con Le Città Perdute. L’intera serie è stata adattata e sceneggiata dalla stessa autrice della saga e da Francesca Manieri (Il Miracolo) e Laura Paolucci (L’amica Geniale). Tre donne che hanno avuto il coraggio di dar vita a un prodotto innovativo- un fantasy all’italiana- e dal contesto molto attuale. La caccia alle streghe è un fenomeno che ha interessato Europa e America per secoli.

Un lungo periodo nel quale la paura per malattie, morti e carestie inspiegabili aveva trovato una logica fattibile nel potere demoniaco. Per la Chiesa, la ricerca di individui capaci di avere simili poteri, si riversava nelle donne, sistematicamente torturate e uccise, quasi sempre, arse vive sul rogo. Il popolo e i religiosi iniziarono a uccidere ogni donna indipendente, di libero pensiero, amante delle erbe e della medicina.

Dunque Luna Nera si inserisce in un contesto tanto duro e affascinante, quanto complesso da mostrare. Vuole oltrepassare i limiti storici, per dar vita a una serie dai toni molto attuali: attraverso la voce di un gruppo di donne, Luna Nera vuole parlare di uguaglianza e rispetto. Le intenzioni sono molto innovative e condivisibili. Il problema di Luna Nera è legato a pecche della sceneggiatura e nella sua realizzazione che la rendono una serie in bilico, con lati positivi e lati negativi.

Ade e Tebe

Divisa in sei puntate, la prima stagione di Luna Nera non permette di entrare a fondo alla psicologia di tutti i personaggi e soprattutto non si riesce a comprendere fino in fondo il contesto storico. E’ chiaro il motivo che spinge le streghe a prepararsi alla battaglia contro Marzio, ma non si colgono a pieno le motivazioni storiche di questa caccia alla streghe.

Sembra che non ci sia stato il modo di approfondire le relazioni romantiche e le amicizie tra i personaggi. Molti elementi dello sviluppo narrativo arrivano in maniera affrettata. Di conseguenza tali elementi sono poco credibili e spesso riconducibili ai cliché soliti, come la storia d’amore nata dal tipico colpo di fulmine e  forse sviluppatasi troppo in fretta.

Sicuramente alcune storyline sono state solo abbozzate per dare la possibilità di creare una seconda stagione, tuttavia la sensazione che rimane è di fretta eccessiva e controsensi (Un esempio è la situazione del prete Oreggi).

Il dissidio interiore di Ade, Antonia Fotaras, rappresenta una linea narrativa potenzialmente interessante. Rifiuta inizialmente la sua natura, poi lo accetta e in seguito entra nuovamente in crisi. Il problema è che il primo passaggio dal rifiuto all’accettazione è quasi invisibile, mentre il secondo è troppo veloce, ma comunque di impatto e ciò è un bene.

Particolarmente ricco di sfumature poteva essere anche il personaggio di Pietro, interpretato da Giorgio Belli. Il giovane proviene da una famiglia di nobile origine e rappresenta lo scontro scienza-fede che ancora oggi continua a essere presente, seppur in maniera più silenziosa. Mentre il padre incolpa le streghe per ogni disgrazia attorno a lui, il figlio continua ad attribuire malattie e morti a fatti puramente scientifici legati al funzionamento del corpo e degli organi. Lo scontro è inevitabile.

Tuttavia la sceneggiatura sembra non riuscire a mostrare a pieno la psicologia del personaggio la cui crescita si blocca o meglio, cresce fin troppo velocemente, andando da un estremo all’altro. Tanto che il finale della stagione non rende giustizia alla sua natura, compiendo una scelta abbastanza scontata.

Leptis insegna l’arte del tiro con l’arco a Valente

Guardando il rovescio della medaglia, i lati positivi sono fortemente presenti.

A livello tecnico, la fotografia è decisamente magnetica. I protagonisti sono immersi nella natura e nei boschi che ricordano molto i paesaggi medioevali. Anche i palazzi e il borgo sembrano fedelmente ricostruiti. Un merito anche ai costumi, ben fatti e realistici. Per quanto riguarda gli effetti speciali, potrebbero migliorare ed essere maggiormente presenti all’interno degli episodi, soprattutto nelle lotte tra streghe e Benandanti. Tuttavia, quelli visibili rappresentano un buon tentativo di mettere in scena la magia e gli incantesimi.

Molto interessante e motivo di continuare la serie, è il colpo di scena nel finale di stagione. In un episodio dai toni lenti, gli ultimi 20 minuti, si trasformano in stupore con due plot twist inaspettati. Il primo fra tutti, la scelta di Ade, il cui sguardo in primo chiude la stagione, chiedendosi che cosa accadrà nella storia ora che alcuni segreti sono venuti alla luce.

Ade e Pietro

Luna Nera è un progetto ambizioso e apprezzabile per la volontà di dare al panorama seriale italiano una varietà. Dopo prodotti incentrati sulla mafia e sul poliziesco, tale panorama necessitava di avere un genere nuovo. Sicuramente non è una serie tv perfetta. Il lavoro maggiore da fare è sulla coerenza della sceneggiatura. Tuttavia è possibile pensare che andando avanti, è sempre possibile migliorare. Non è una produzione da abbandonare, in quanto in un modo o nell’altro, porta una novità e la possibilità di aprirsi a nuove idee valide.

Articolo a cura di Lagertha