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Lovecraft Country – La terra dei demoni

Il protagonista delle vicende narrate in questa serie si chiama Atticus come quel celebre Atticus Finch, avvocato “nigger lover” nell’Alabama segregazionista del romanzo Il buio oltre la siepe di Harper Lee alla fine degli anni ’50 periodo in cui è ambientato Lovecraft Country.

Negli States in quel periodo ci sono le leggi Jim Crow, quelle del “separate but equal” e la vita per Atticus e per la famiglia Freeman, non è affatto facile. A dispetto del nome che portano, non sono uomini liberi e di orrore, quello umano, ne hanno visto tanto, troppo.

Atticus (Jonathan Majors) è un reduce della guerra in Corea, sta viaggiando nella parte posteriore di un autobus – quella riservata ai neri . Ha degli incubi e noi spettatori veniamo subito catapultati un mondo strano, fatto di creature misteriose. Il ragazzo sta tornando a casa perché si sono perse le tracce del padre Montrose (Michael K. Williams). Inizia così un incredibile viaggio in compagnia della bella Letitia (Jurnee Smollett) e dello zio George (Courtney B. Vance), in luoghi misteriosi della provincia americana nello Stato del Massachusetts dove sono ambientati i racconti di H.P. Lovecraft, uno dei padri della fantascienza americana, quella che tra horror e fantasy veniva chiamata weird fiction.

Sono queste le atmosfere mostruose, lisergiche, orrorifiche, pulp e a tratti cronenberghiane di Lovecraft Country – La terra dei demoni, serie di 10 episodi tratta dal romanzo omonimo di Matt Ruff, ideato da Misha Green e prodotto da J. J. Abrams e Jordan Peele.

La Green, già sceneggiatrice di Heroes e Sons of Anarchy è l’ideatrice di Underground e il Premio Oscar Jordan Peele con Get Out e Us si è già imposto come la voce afroamericana più importante del mainstream statunitense.

Per gli autori le creature assassine, incantesimi e maledizioni, viaggi nel tempo e nello spazio verso mondi alieni, i sacrifici rituali, le dilaniazioni corporali, le granguignolesche mutazioni fisiche e quanto di più estremo e violento si vede nella serie, non sono altro che un modo per parlarci di diversità, di razzismo, di odio, del potere e della sua ambiguità (“cosa faresti se fossi un bianco?) .

In sostanza la storia degli Stati Uniti d’America, quella di ieri, quella di oggi e probabilmente anche di domani. E chissà cosa avrebbe detto H.P. Lovecraft davanti a tanta sete di giustizia sociale, lui, convinto sostenitore della superiorità della “razza teutonica”. L’autore Matt Ruff e la showrunner Misha Green ribaltano il pensiero dello scrittore di Providence conservandone però l’anima playful del romanzo di genere, senza mai negare l’importanza del contesto storico.

Il risultato è un pastiche unico nel suo genere, spassossimo nella forma, per l’estetica retrofuturista e per gli anacronismi di una soundtrack che spazia da “Sinnerman” di Nina Simone a”Killing Strangers” di Marilyn Manson (titolo e testo molto evocativi).

Ma alla fine Lovecraft Country ci lascia anche con una potente morale che si può riassumere nelle finali parole di Atticus e che in realtà citano quelle di Dumas da Il Conte di Montecristo: “Non vi sono né felicità né infelicità assolute in questo mondo, vi è soltanto il paragone tra una condizione e l’altra, ecco tutto. Solo colui che ha provato l’estremo dolore è atto a gustare la più grande felicità.”

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