Nojoom -la sposa bambina

Guardando La sposa bambina  il pensiero mi porta immediatamente a trovar un punto di contatto con altri due film dove sono i più piccoli, nello specifico le bambine, i protagonisti di un viaggio di libertà lontano da un quotidiano di oppressioni e rinunce.
I film in questione sono Difret-il coraggio di cambiare e La bicicletta verde, due lavori che meritano di essere recuperati per conoscere qualcosa di più sui diritti e la vita in molti paesi del continente africano e asiatico.

Yemen, Nojoom è una bambina di 10 anni che si presenta in tribunale davanti ad un giudice e con voce candida ma ferma chiede di divorziare dal marito. Da li comincia un racconto su una pratica diffusa nello Yemen, quello dei matrimoni forzati dove anche le più giovani non sono esenti da tradizioni tribali e accordi tra famiglie dei villaggi.
In yemenita Nojoom vuol dire stella ma il padre le cambia il nome Noujoud che significa nascosta. Non puoi sfuggire a un destino scelto da altri, dove i matrimoni sono frutto di una contrattazione tra uomini e una dote vantaggiosa basta a dare in sposa le proprie figlie anche ad uomini più grandi di 30 anni come nel caso di Nojoom.
Se la vita nel villaggio è un susseguirsi di sottomissione e umiliazione per le donne (molte complici di tradizioni arcaiche) allo stesso modo la resistenza di Nojoom è una costante fiammella che non affievolisce, sfidando principi e costumi che nascondendosi dietro la religione alimentano emarginazione e violenze non solo fisiche.
Il registro descrittivo adottato dalla regista Khadija Al-Salami (al suo primo lungometraggio) funziona nelle rappresentazioni del contesto geografico e sociale che conosciamo attraverso gli occhi di Nojoom mentre il finale si mostra eccessivamente didascalico dove l’assenza di educazione e il mancato riconoscimento della legge da parte della comunità del villaggio sembrano quasi essere giustificati e consuetudini avallate in nome dei precetti coranici sono frutto dell’ignoranza e della miseria che caratterizza quel particolare mondo come se soltanto la cultura potesse agevolare scelte giuste e responsabili.
Una sensazione mitigata dal suggerimento conclusivo del giudice di riflettere al di soprà di regole e usanze  seguendo la propria coscienza.

Ispirato alla storia vera di Nojoud Ali, la più giovane donna ad ottenere un divorzio, La sposa bambina vuole smuovere un paese dove tali comportamenti sono giustificati e l’amore è concepito in maniera distorta, allora si che l’approccio fortemente personale scelto dalla regista è funzionale al messaggio da comunicare.

La storia di Nojoud Ali si è tradotta nel 2009 in un libro dal titolo I am Nojood, age 10 and divorced (tradotto in 17 lingue e venduto in 35 paesi) che la stessa ragazzina ha scritto con la giornalista franco-iraniana Delphine Minoui.
La narrazione soggettiva e asciutta è dovuta al vissuto della regista Khadija al-Salami, che è a soli 8 anni venne data in sposa riuscendo poi a divorziare tre anni più tardi.

VOTI FINALI
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Redattore

- Il cinema per me è come un goal alla Del Piero, qualcosa che ti entra dentro all'improvviso e che ti coinvolge totalmente. È una passione divorante, un amore che non conosce fine, sempre da esplorare. Lo respiro tutto o quasi: dai film commerciali a quelli definiti banalmente autoriali, impegnati, indipendenti. Mi distinguo per una marcata inclinazione al dramma, colpa del Bruce Wayne in me da sempre. Qualche gargamella italiano un tempo disse che di cultura non si mangia, la mia missione è smentire questi sciacalli, nel frattempo mi cibo attraverso il cinema, zucchero dolce e amaro dell'esistenza -