Home Speciale Interviste JAMovie, una t-shirt e…… Alessandra Salvoldi!

JAMovie, una t-shirt e…… Alessandra Salvoldi!

Quest oggi Jamovie incontra Alessandra Salvoldi, giovane e promettente attrice e produttrice del panorama indipendente italiano ed anche autrice del libro “Anatomia di CSI“.

1) Domanda scontata forse ma non troppo: quando e come nasce la tua passione per il cinema? C’è stato un episodio in particolare, un attore/attrice, un film che ti hanno colpito?

Quando ho letto “domanda scontata”, ho pensato: “Ok, almeno partiamo con qualcosa di semplice” ed invece, almeno per me, non è per nulla scontata o facile. Diciamo che la mia passione per il cinema nasce da altre mie due passioni: quella per il teatro e quella per la serialità televisiva. Ahimè, devo ammettere che ho sempre guardato più serie che film. Le serie le divoro, intere stagioni in una manciata di notti.

Se invece voglio guardarmi un film mi devo concentrare e avere la giusta predisposizione. C’è stato però un qualcosa di particolare che mi ha fatto capire che il cinema era il campo nel quale avrei voluto lavorare ed è stata la visione della filmografia di Gus Van Sant e di Hitchcock e nello specifico la visione consequenziale ed in loop di “Psycho” nella versione originale e nel rifacimento di Van Sant. Lì ho sentito che volevo fare parte anche io di quella magia, di quella possibilità di creare, distruggere, ricreare e di raccontare la stessa storia con molteplici variabili differenti.

2) Parlaci un po’ della tua formazione professionale.

Altra domanda impegnativa per me perché la mia formazione è piuttosto inusuale. Non ho frequentato accademie di recitazione. Ci ho provato, non sono stata ammessa, ne ho sofferto per un po’ e poi ho capito che non era la mia strada. Mi sono laureata in Lettere Moderne alla triennale e in Filologia Moderna alla magistrale e nel frattempo ho iniziato, con l’amico e collega regista Alessio Osio, ad addentrarmi nel mondo dell’autoproduzione video.

Quindi ho iniziato praticamente da autodidatta. Se ripenso al nostro primo piano di lavorazione non so se ridere o piangere e davvero non riesco a capire come ce l’abbiamo fatta. Durante gli anni dell’università ho frequentato il corso biennale per attore del Teatro Prova di Bergamo e alcuni workshop e laboratori, tra i più interessanti quelli con Cesar Briè e presso l’Odin Teatret. Solo nell’ultimo anno ho preso parte ad alcuni Laboratori di Alta Formazione presso l’Istituto Europeo di Design focalizzandomi in maniera specifica sulla sceneggiatura e la produzione.

3) Hai scritto un libro molto particolare ed interessante, “Anatomia di CSI: echi letterali e culturali di un fenomeno televisivo” Vuoi parlarci un po’ di questa esperienza e del perché hai scelto proprio questa serie?

Anatomia di CSI” è il diretto discendente della mia passione per le serie e degli interessi maturati durante gli anni dell’università. Nel libro si esplorano i rapporti tra la serialità contemporanea e la letteratura, il cinema, la fotografia, la religione. È un rapporto forte, stretto, non è mai mero citazionismo o recupero, è qualcosa di più profondo, più elaborato, più interessante sia dal punto di vista produttivo, creativo e narrativo che sociologico perché gli esiti sul pubblico ricevente sono spesso sorprendenti e affascinanti.

Perché CSI? Perché è la mia “comfort series”, la prima che ho iniziato a guardare, perché mentre le mie compagne di scuola si innamoravano di James Van der Beek nei panni di Dawson, io mi lasciavo affascinare dai sanguinosi omicidi di Paul Millander e perché la conosco davvero a memoria e non c’è terreno di studio migliore di qualcosa che già si conosce a fondo e si ama.

4) Quanto la lettura pensi possa aiutare la formazione culturale di una persona e quanto possa essere d’aiuto per chi si addentra nel mondo del cinema?

Moltissimo. Per chi vuole approcciarsi alla sceneggiatura è fondamentale e in generale trovo che leggere sia una fonte di ispirazione infinita ed illimitata, oltre ai grandi romanzi ai testi teatrali, ai racconti, ci sono davvero tantissimi saggi che parlano di cinema capaci di presentare prospettive nuove in grado di ispirare chi vuole creare qualcosa e non solo. Tutti dovrebbero leggere e leggere tanto perché come disse Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.”

5) Parlando sempre di Serie Tv, stai partecipando alla produzione di due web series come “The Reaping” e “The Game”. Parlaci un po’ dei personaggi che interpreterai in entrambe e di come ti sei trovata a lavorare con tutto lo staff di entrambi i progetti.

 In “The Reaping” ricopro il ruolo di Moira, una ragazza dolce, gentile e innamoratissima del suo compagno, una giovane donna che conduce una vita piuttosto ordinaria e ha scelto di mettere al primo posto l’amore. Moira è molto diversa da me ed è stata una sfida ma sotto l’attenta guida di Roberto D’Antona e della meravigliosa Annamaria Lorusso è stata una bellissima avventura che mi ha arricchita sia dal punto di vista professionale che da quello personale.

Annamaria e Roberto hanno il dono di farti sentire a casa e ti aprono le porte delle loro vite e famiglie con estrema generosità. Inoltre si sono creati dei bei rapporti di amicizia, uno per tutti, quello con la bravissima attrice Elisabetta Girodo Angelin. In “The Game” sono Selene e ho smesso di nuovo di vestire i panni della ragazza innocente per tornare alle vecchie care abitudini e ad interpretare personaggi non proprio immacolati.

Qui il discorso è un po’ diverso perché mi occupo anche della produzione e un po’ mi sento già a casa perché oltre agli amici e colleghi “storici”: Alessio Osio, Mariam Joud, Emanuele Gusmaroli; si sta instaurando un bel rapporto anche con il resto della troupe tecnica e della crew artistica. Per esempio ci sono la splendida Alice Viganò che porterà tanta dolcezza e professionalità sul set e con la quale non vedo l’ora di iniziare a girare, la giovane ma bravissima MUA Valentina Ricci, Michael Segal che ci onorerà della sua presenza, Roberto D’Antona e Annamaria Lorusso che rivedo volentieri dopo l’esperienza di “The Reaping”, ovviamente i miei due “colleghi” più stretti Andrea Navicella e Alessandro Carnevale Pellino e tanti altri artisti che non vedo l’ora di conoscere meglio.

6)  La maggior parte dei progetti a cui hai preso parte come attrice e produttrice sono appunto serie, argomento che hai scelto anche nel tuo libro. Data la grande e continua presenza di questo genere nella tv via cavo, su internet e su molte altre piattaforme, pensi che le serie tv stiano cambiando il modo di fare cinema? Se si, come? Credi che anche il fatto che al cinema escano sempre più saghe sia un segnale che la serialità è arrivata anche nelle sale?

Di certo l’avvento così massiccio della serialità sta cambiando le carte in tavola della produzione video. In primo luogo ha completamente rivoluzionato il metodo di fruizione facendo tremare le reti televisive generaliste, poi richiede degli standard qualitativi sempre più alti e questo non è un male perché permette di dare al pubblico una vasta gamma di prodotti di qualità e quindi di renderlo conscio che, per citare “Boris”, “Un’altra televisione è possibile”.

Non so se la serialità sia in grado di modificare il cinema, magari non direttamente, ma è affascinante vedere Paolo Sorrentino dirigere “The Young Pope” o Tarantino impegnato nella regia del doppio episodio di “CSI”. Certo non vorrei mai vedere e non credo che avverrà mai il cinema degradarsi nei suoi cardini fondamentali per avvicinarsi alle serie. Diciamo che forse, se prima erano le serie bramose di imparare dal cinema ora il rapporto si può invertire o piuttosto ampliare in maniera bilaterale in un arricchimento reciproco. (Per Marco, le saghe non saprei dirti perché generalmente non sono mutuate da un formato seriale televisivo ma più dai libri).

7) Sei scrittrice, attrice e produttrice. In quale ruolo ti senti a tuo agio ed in quale sicuramente vedremo Alessandra Salvoldi fra dieci anni?

Amo scrivere, sono una persona piuttosto solitaria, e le ore trascorse con i miei libri e una tastiera sono sempre gratificanti quindi non credo che smetterò anche se spesso scrivo solo per me. L’attrice è il lavoro che sogno fin da bambina quindi mentirei se non dicessi che è quello che voglio fare “da grande”. La produzione invece è un campo nel quale mi sono ritrovata quasi “costretta” perché nell’indipendente non c’è sempre chi può ricoprire questo ruolo e per imparare qualcosa di più sul set quindi non vorrei abbandonarla ma sarebbe l’unico ruolo che in questo momento sento di poter sacrificare.

8) Hai ricevuto anche il “Premio della Giuria” al Concorso per Giovani attori e attrici al Todi Festival. Qual è stata la tua prima sensazione una volta ricevuto il premio?

Incredulità e gioia.

9) Quali sono i tuoi obiettivi ed i tuoi propositi per il 2017?

“Non faccio mai piani così in anticipo”.

10) Chi è Alessandra Salvoldi nella vita di tutti i giorni?

Una venticinquenne molto disordinata.

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Capo Redattore e Co-fondatore

Grande amante del cinema, e questo è scontato dirlo se sono qua :­) Appassionato da sempre del genere horror, di nicchia e non, e di film di vario genere con poca distribuzione, che molto spesso al contrario dei grandi blockbuster meriterebbero molto più spazio e considerazione; tutto ciò che proviene dalle multisale, nelle mie recensioni scordatevelo pure. Ma se amate quelle pellicole, italiane e non, che ogni anno riempono i festival di Berlino, Cannes, Venezia, Toronto, e dei festival minori, allora siete capitati nel posto giusto.

‘Rest..In..Peace’