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JAMovie incontra: Rina La Gioia, regista e sceneggiatrice

Oggi su JAMovie vi proponiamo l’intervista fatta da Andrea Giostra a Rina La Gioia, regista e sceneggiatrice.

«Mi rendo conto di non aver mai avuto modelli o maestri. Credo di essermi lasciata guidare dalle emozioni che la vita mi ha regalato, orientate, soprattutto, verso quelle problematiche sociali che non mi hanno lasciata indifferente.»

Ciao Rina, benvenuta e grazie per la tua disponibilità.
Se volessi presentarti ai nostri lettori cosa racconteresti di te quale artista della settima arte?
Qual è stato il tuo percorso artistico che ti ha condotto dove sei ora?

Una bella domanda, ma difficile ad essere esaustiva, considerando che la mia militanza artistica è lunga da raccontarla tutta e chi dovesse decidere di leggermi, rischierebbe di doversi prendere l’anno sabbatico… Ah, ah, ah…! Scherzi a parte, mi limito a dire le cose più essenziali.
Quindi… pratico l’Arte sin da giovanissima età. Passando dalla Pittura alla Scultura, dalle Installazioni d’ambiente alla Scenografia e ai Costumi, dalla scrittura di opere drammaturgiche alla sceneggiatura di opere cinematografiche, dalle regie teatrali alle regie cinematografiche.
Ho viaggiato con le mie opere, sia in Italia che all’Estero, esponendo in Mostre Personali e Collettive, in Musei, Gallerie d’Arte, Teatri.
Tra tutte le mostre, a tema e datate, una l’ho foggiata con il nome di Dopoteatro, in quanto si trattava di rivisitazioni di alcune scene realizzate per spettacoli di prosa.
Ovunque ho riscosso interessi, riconoscimenti, premi, analisi critiche da parte di critici qualificati, ospitate in Studi Televisivi. Fondo La Misenscène, un’associazione artistica e culturale, sul pensiero filosofico del grande scultore Joseph Beuys, basato sul concetto che Ogni uomo è un’artista: uno spazio ideologico, con l’intento di renderlo polo di attrazione-aggregazione e divulgazione dell’Arte, intesa come strumento di crescita del problema esistenziale.
Nel tempo, è diventata La Misenscène Production, producendo opere teatrali e cinematografiche, orientate verso problematiche sociali.
Ad ogni modo, tutte le espressioni artistiche che ho sperimentato, fino ad oggi, non si sono mai tradite tra di loro, ma si sono intersecate in perfetta simbiosi.
Lascio una docenza di discipline Pittoriche nel Liceo Artistico e rinuncio ad una cattedra di Pittura, per accettare quella di Scenografia nelle Accademie di Belle Arti, fino a dedicarmi, esclusivamente, alla scrittura di opere teatrali: pubblicate, premiate e prodotte in spettacoli con circuitazioni nazionali ed internazionali, e tra queste, cito solo Viaggio verso la luna… solo andata. Rodolfo Valentino – Un mito, Musica tra Eros e Psiche, Cecè Viola. L’ultimo palcoscenico.
A seguito, mi sono impegnata in scritture cinematografiche, proiettate verso tematiche sociali, e producendole: il medio metraggio Dachaulied (Canzone di Dachau), ispirata alla vita di Herbert Zipper, compositore e musicista viennese della Filarmonica di Monaco: un viaggio della memoria, dai lager di Dachau alla Casa rossa di Alberobello, per sostenere il suo motto Finché c’è la musica… C’è anche la speranza.
A seguire, il cortometraggio Dove il silenzio fa molto rumore: un progetto di cinema civile Per morire di parto, e Sindrome, con l’intento di comunicare quanto sia importante nella vita non arrendersi mai. Film che hanno viaggiato in Festival Nazionali ed Internazionali, raccogliendo Segnalazioni, Premi.

In questi viaggi, come tu li definisci, qualcuno ha lasciato un segno in particolare?

 Tutti i miei viaggi hanno lasciato un segno in particolare… magari ne cito solo alcuni… Per esempio, l’ingresso del mio grande dipinto La danza degli ori, nel MARTÀ, Museo Archeologico Nazionale di Taranto, grazie all’Invito del Ministero dei Beni Culturali di Roma. Opera a cui si è ispirato lo stilista Trussardi per la sua collezione sul tema “Magna Grecia”. Tra i Premi ricevuti, il “Premio di operosità ENAP” (in denaro) con la seguente motivazione: “Per una lunga, ricca e qualificata militanza nell’ambito dell’Arte”, il Premio “Cultura per lo Spettacolo”, con la seguente motivazione: “Per attività di Scenografa, sui più importanti palcoscenici d’Italia”, nel ventennale del Premio “Lido Azzurro’s Recognition”. Premiata, insieme a Nino Manfredi ed altri artisti noti, nel “Minturnae: Spettacolo è cultura – Scauri”. A seguito di una lunga e ricca esperienza nel Teatro, come Scenografa e Costumista, lavorando solo con Produttori Teatrali ed Attori più noti e professionali del territorio italiano, è stato il top, approdare alla “Biennale di Venezia – 39mo Festival Internazionale del Teatro”, direttore Artistico Maurizio Scaparro, con “La Pupilla” di Carlo Goldoni, realizzando Scene e Costumi. Mi piace l’ospitata negli Studi televisivi di UNO MATTINA-RAI1, in occasione della “Giornata della memoria”, per presentare il mio medio metraggio “Dachaulied” (Canzone di Dachau), e non potrei dimenticare l’ospitata nel “Maurizio Costanzo Show”, insieme a Sandra Milo, Remo Girone, Don Backy, il regista Mauro Bolognini.

 Chi sono i tuoi modelli e chi sono stati i tuoi maestri che vuoi ricordare in questa intervista?

Devo confessare che mi rendo conto di non aver mai avuto modelli o maestri, nel vero senso della parola, e con questa dichiarazione, non voglio sottintendere nessuna presunzione, anzi, dico che ne ho apprezzati diversi, sia italiani che stranieri, ma fondamentalmente, credo, di essermi lasciata guidare dalle mie emozioni, soprattutto orientate verso quelle problematiche sociali che non mi hanno lasciata indifferente.

Qual è stato il tuo percorso artistico e professionale per diventare brava dietro la cinepresa?

Tutta la mia esperienza artistica mi è servita per poter stare anche dietro una cinepresa: deduco oggi che si è trattato di un lavoro capillare: partendo dalla fotografia, fotografando le mie opere pittoriche, scultoree, i plastici delle mie scenografie, partendo dai bozzetti, sia delle scene che dei costumi, documentando tutto il percorso di entrambi, fino alla messinscena dello spettacolo, fino ad arrivare alle scritture drammaturgiche e cinematografiche. Nel momento in cui mi sono posta davanti ad una cinepresa, mi sono sentita da subito a mio agio, tanto da dare l’impressione, a tutto il cast di tecnici ed attori, tra cui Lando Buzzanca, di non essere alla mi prima esperienza, è come dire… Mi sono sentita a casa… Cioè nel mio habitat, mentale e visivo.

Chi sono secondo te i più bravi registi nel panorama internazionale e nazionale? E con chi di loro ti piacerebbe lavorare e perché?

È una domanda che mi mette a disagio, perché, citandone alcuni, ne escluderei degli altri che meriterebbero, e sarebbe come tradirli. Quindi, non dico che sono i più bravi in assoluto, ce ne sono di altri registi, sia italiani che stranieri che mi piacciono, ma preferisco citarne solo due: Tornatore e Clint Eastwood. Che sanno muoversi tra magia e realtà, ognuno nel suo stile, con una professionalità singolare che li distingue.

Quali gli attori che vorresti dirigere? Mi piacerebbe se indicassi tre italiani e tre stranieri con i quali non hai mai lavorato e che vorresti dirigere.

Ancora oggi sono del parere che, nel momento in cui scrivo una storia, o per un’opera teatrale, o per una sceneggiatura cinematografica, in automatico si profila l’immagine di un attore, secondo me il più appropriato per interpretare quel personaggio che ho creato, e faccio di tutto per coinvolgerlo nel mio progetto, certa di fare un buon lavoro: ecco, quello è l’attore che vorrei dirigere.”

«La sceneggiatura è il genere di scrittura meno comunicativo che sia mai stato concepito. È difficile trasmettere l’atmosfera ed è difficile trasmettere le immagini. Si può trasmettere il dialogo; se ci si attiene alle convenzioni di una sceneggiatura, la descrizione deve essere molto breve e telegrafica. Non si può creare un’atmosfera o niente del genere…» (Conversazione con Stanley Kubrick su 2001 di Maurice Rapf, 1969). Cosa ne pensi delle parole di Kubrik sulla sceneggiatura, considerato che sei anche una sceneggiatrice? Quanto è importante la sceneggiatura per la realizzazione di un’opera cinematografica?

Condivido pienamente il pensiero di Kubrick: non è facile comunicare tematiche e sentimenti in una sceneggiatura, e credo che questo handicap dipenda da alcuni canoni prescritti, altrimenti… (???). Tipo, impaginazione, caratteri, dialoghi possibilmente brevi, evitando descrizione di atmosfere, posture, sentimenti… ecc. ecc. Credo che gli schemi fissi blocchino la creatività. Comunque, e in tutti i modi, non è un lavoro facile, anche se ha un certo fascino, se pensi che una tua parola scritta, diventa suono, diventa scena, e da tutto questo, nasce un’emozione! Ecco la magia del cinema!

«Il cinema deve essere spettacolo, è questo che il pubblico vuole. E per me lo spettacolo più bello è quello del mito. Il cinema è mito». Sergio Leone (1929-1989). Cosa pensi di questa frase detta dal grande maestro Sergio Leone? Cosa deve essere il cinema per chi lo crea e per chi ne gode da spettatore?…

Condivido parzialmente il pensiero di Sergio Leone, nel senso che sono del parere che il cinema, non deve essere solo spettacolo, offrendoci “divagazione”, “divertimento”, “sogni”, “malinconie”, “felicità”. Se vogliamo considerare che il cinema, oltre ad essere una meravigliosa espressione artistica, nella sua funzione, spesso, resta vita autentica, questo può contribuire ad offrirci la possibilità di “riconoscerci”, e magari “ritrovarci” nelle storie raccontate, e di riflesso, vogliamo escludere la possibilità di riflettere? … E non solo, ma anche sensibilizzarci verso problematiche che ci possono riguardare, e se consapevoli, perché no, trovare insieme soluzioni.

Perché secondo te oggi il cinema è importante?

Perché credo che il cinema sia come una scatola magica: che ci apre finestre sul mondo, esteriore ed interiore, ci offre la possibilità di portare a casa quella fetta di mondo che ci appartiene e che ci può riguardare, senza escludere che il cinema può contribuire a sensibilizzarci verso iniziative contro la violenza di genere. Credo fortemente che il cinema è importante, perché, fondamentalmente, è Arte, nonché un forte mezzo di comunicazione… che può emozionarci, informarci, insegnarci!

Recentemente hai realizzato un cortometraggio, che ha raccolto premi anche sul territorio internazionale, fino a giungere finalista nel prestigioso “Premio Rai Cinema Channel – Tulipani di Seta Nera 2019”, ed andare in onda in TV. Ci parli di questo lavoro? Come nasce il corto “Sindrome” e qual è il messaggio che vuoi arrivasse a chi lo guarderà?

 Premesso che sono del parere che nel cinema non è sempre importante la storia che si racconta, quanto il messaggio che si vuole comunicare, in “Sindrome”, la “maternità”, vuole solo essere solo un pretesto per sottintendere un messaggio vitale: “non arrendersi mai”, e con l’ausilio di un riferimento sull’Arte in quanto credo che la conoscenza dell’Arte è uguale a Cultura, e quanto la Cultura possa essere fondamentale per la nostra crescita. Quindi “Sindrome” nasce da una domanda: “La visione di un’Opera d’Arte, a seguito di estremi compiacimenti, fra estetica e spiritualità, tipici delle sindromi di Stendhal e di Gerusalemme, potrebbe generare una fede, una speranza, ai fini della realizzazione di un sogno? È la domanda che mi sono posta scrivendo “Sindrome”, una storia liberamente ispirata, di una donna che, raggiunta la soglia dei quaranta anni e stanca del vuoto che la circonda, decide di dare un senso alla propria vita: diventare madre. realizzazione di un sogno? Ad ogni modo, mi piace rendere noto che, al di là dei miei intenti, dal momento che il mio film è in Sala, ritengo che non mi appartenga più: è semplicemente e solo del pubblico che vorrà fruirlo, libero di condividere o no le mie domande, di scoprire le sue risposte, di riscontrare le sue emozioni.

A cosa stai lavorando in questo momento? Quali i tuoi prossimi appuntamenti di lavoro?

Sto lavorando su di un’opera prima di Lungometraggio: si tratta di una storia vera, liberamente tratta da un romanzo, che per il momento vuole essere top-secret sul titolo e sull’Autore. Posso solo anticipare che, se il cinema “informa”, il mio lavoro può rappresentare un occasione per far conoscere e rinnovare la memoria di un Autore che ha lasciato un segno nella mondo della cultura italiana, e quindi valorizzare la cultura del proprio paese. Se il cinema “informa”, perché non trattare una vecchia storia, ribaltandola in tempi più ravvicinati, in quanto sottintende problematiche sociali attuale che possono riguardarci? E se il cinema “insegna”, mi domando: il mio film, potrebbe entrare in una progettualità attiva, per trovare, insieme, soluzioni?”. Per quanto riguarda i miei prossimi appuntamenti di lavoro, auspico di essere contattata da un Produttore, interessato a “viaggiare” insieme a me, per creare, insieme, altre “emozioni” da regalare.

Immagina una convention all’americana, Rina, tenuta in un teatro italiano, con qualche migliaio di adolescenti appassionati di cinema. Sei invitata ad aprire il simposio con una tua introduzione di quindici minuti. Cosa diresti a tutti quei ragazzi per appassionarli al mondo della recitazione, del teatro e della settima arte? Quali secondo te le tre cose più importanti da raccontare loro sulla tua arte?

 Sono abituata a trovarmi di fronte a dei giovani, ora dietro le mie cattedre, ora in una sala cinematografica, presentando i miei film. Quindi, non mi spaventerebbe l’idea di trovarmi di fronte ad un migliaio di adolescenti appassionati di cinema, direi piuttosto che quindici minuti non basterebbero. Sono tante le cose che potrei dire. Cerco di riassumerle come meglio posso, ma più che parlare di cinema, ci tengo a dire che non si può insegnare l’Arte… come anche l’Arte del Cinema, perché, sappiate, che l’Arte è nella nostra vita, è dentro di noi, in ognuno di noi… Bisogna solo scoprirla, tirarla fuori, acquisire innanzitutto la consapevolezza delle nostre capacità, in altri termini credere in se stessi, e poi… lasciarsi andare, uscire dai soliti schemi con cui siamo abituati a concepire il mondo adulto, guardarsi attorno, e scoprire il mondo che ci circonda, altrimenti, quali emozioni da regalare, quali storie da raccontare nel cinema. Possibilmente non preoccupandoci di fare un mestiere solo per fare quattrini, ma fare qualcosa che ci gratifichi, si, ma qualcosa che possa aiutare gli altri… e pensate che facendo “cinema”, non si possa raggiungere questo obiettivo? Le scuole di cinema vanno anche bene, ma va bene anche un’esperienza da autodidatta che, lasciandoti fuori dagli schemi, ti lascia libero di creare nuove soluzioni. Suggerirei a questi adolescenti di non perseguire facili arrivismi, le fatiche fanno bene, le ricompense di un lavoro fatto bene sono come una manna dal cielo, inculcando a loro il concetto che niente è facile, e ciò che più conta, non è il “traguardo”, quanto il “partire”, ma soprattutto di avere sempre un sogno nel cassetto e “non arrendersi mai”. Come appassionarli al mondo del Teatro e del Cinema? Credo che basterebbe raccontare a loro, parte di tutte quelle mie esperienze artistiche, in quanto vissute sulla base di tutti i suggerimenti citati, e che hanno lasciato segni tangibili, senza escludere che, e senza presunzione, potrebbero essere d’ispirazione. Pensa, ne potrebbe nascere un film. Sulla mia vita… Magari!

E per finire, un saluto da Rina La Gioia :

 

Intervista a cura di Andrea Giostra 

 

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