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Intervista al regista Stefano Bovi!

Buongiorno Stefano! Con quali film e in che periodo della tua vita nasce la passione per il cinema?

Buongiorno a te Massimo! La passione per il cinema è sempre stata in me, in ogni cellula del mio corpo fin da quando sono nato. Amo la fantasia e l’applico in ogni aspetto della mia vita quindi anche per i film. Che siano opere di fantasia nera come la notte o solare, sono quelli che mi hanno sempre affascinato di più fin da bambino e mi hanno formato cinematograficamente.

Con quale corto hai esordito alla regia? L’hai girato in pellicola super 8?

Nel 1989, a 13 anni, tra una partita a pallone sotto casa con gli amici e le sfide ai videogiochi decisi di raccontare una storia horror d’animazione usando una rudimentale stop motion, girandola con la cinepresa dei miei genitori in pellicola super 8.

Nel 1993 giri il corto “Stress!”. Ci puoi raccontare di questa tua esperienza?

“Stress!” Rappresenta un omaggio ad un film molto particolare, il lungometraggio francese “Adrenaline”. “Adreanline” era pieno di cortometraggi horror e di fantascienza tutti innaffiati da una buone dose di comicità e grottesco ma anche di critica sociale. Pensando a tutte quelle volte in cui all’epoca dei videoregistratori la VHS rimaneva incastrata dentro e si cercava in tutti i modi di tirarla fuori, ci tirai fuori una storia assurda.  Nel mio corto il ragazzo infila le mani e queste vengono morse dal videoregistratore, poi infila la testa  e…

Tre anni dopo, nel 1996, giri “Tira la catena”…

Sempre per il tema dell’individuo che si scontra in modo surreale con piccoli problemi della quotidianità,  qui l’attore alla fine viene letteralmente mangiato da un water. La scena ricorda quelle dei cartoni animati, a gambe all’aria, piano piano divorato, scende sempre più giù. Oltre alla regia mi occupai degli effetti speciali.

L’anno dopo invece è il momento di “Dark favola”. Ce ne puoi parlare?

“Dark favola” a livello umano è importantissimo, a livello tecnico un disastro. Lo girai con i ragazzi di una comunità di recupero per tossicodipendenti situata in Toscana, in isolati boschi di una montagna. Li’ nel 1997 feci l’obiettore di coscienza. E’ girato in uno splendido oscuro bosco.

Alcuni avevano esperienze di teatro in carcere, e cosi’ per fargli fare qualcosa di diverso nei momenti di pausa dalle terapie, decisi di girare tra mille problemi questo scanzonato (già nel titolo) corto horror in cui personaggi delle favole prendevano vita e mostravano il loro lato oscuro. Un’esperienza molto toccante, volevo molto bene a quei ragazzi e quelle ragazze con delle storie cosi’ difficili.

Hai diretto anche un video musicale?

Esperienza interessante, per un buon gruppo metal dal nome Scape Got. Girato insieme ad altri due registi, fu trasmesso varie volte su una TV privata.

Nel 1999 giri “Lo stronzo assassino”, un corto che ha fatto conoscere il tuo nome nel sottobosco del cinema indie italiano, e che ha avuto un certo successo!

E’ stata una grande soddisfazione, costato 20.000 lire (10 euro attuali per i più giovani che non hanno vissuto mamma Lira). Montato con due videoregistratori, ci ha regalato molte soddisfazioni morali, proiettato con successo in tantissimi festival. Fantafestival di Roma nel 2004, Tirrenia trema, Festival trash di Torino, Festival intercomunale di cinema amatoriale di Brescia, Tohorror fest di Torino, festival horror di Collesalvetti.

Vincitore della targa come terzo classificato al festival del film fantastico Alienante a Milano nel 2003 e recensito su diverse riviste e fanzine (tra cui la famosa CIAK). Io, Gianluca Ortolani (l’altro regista e attore protagonista, e voce della cacchetta malefica) e tutti gli altri attori ci siamo divertiti tantissimo. Grande soddisfazione nel vedere come il passaparola per i festival o per le recensioni si allargava sempre di più. Oltretutto in tempi, come fine anni 90 inizi 2000, in cui internet era preistoria.

C’è da dire che la qualità tecnica è molto bassa e questo è stato giustamente criticato in alcune recensioni. Ma viene compensata con la dose di divertimento e delirio che riesce a regalare, cosa apprezzata dalla maggior parte delle recensioni e dal pubblico. In più è una critica al mondo del lavoro, fenomeno che anche in quegli anni esisteva, e a quello dell’apparenza. Concludo dicendo che è un omaggio ad alcune pellicole che amo molto e sono Brain damage, Basket Case e Baby Blood.

Pochi sanno che hai girato pure un sequel, “Lo stronzo assassino 2”, che è rimasto abbastanza invedibile. Perché?

Dopo il successo morale nell’ambiente underground del primo ,io e Gianluca Ortolani, l’altro regista, decidemmo di girare un seguito, eliminando tutto ciò che aveva contribuito a fare del primo un successo. Quindi eliminammo lo splatter e gli omicidi assurdi, l’umorismo trash, le canzoni dei cartoni animati. Non dovevamo rendere conto a nessuno. Mantenemmo però la critica sociale (girato in una delle tante periferie romane colate di cemento) e girammo tutto il film virato in seppia, con tono trash (sempre di uno stronzo parliamo) e malinconico.

Il tutto in una cornice di un televisore, come fosse una storia degli anni 50. La storia è di una ragazza che delusa dagli uomini decide di mettersi per sfida con l’essere più stronzo dell’universo. E dalla sue lacrime nasce lo stronzo assassino. Iniziano una storia insieme ma i risultati saranno devastanti per lei. Una parabola sull’amore che vampirizza. Infatti, dalla malefica cacca col ciuffo “alla Elvis”, usciva un tentacolo che s’infilava nel braccio della protagonista. Non sono però soddisfatto del risultato finale: quindi ha circolato pochissimo.

Nel 2004 giri “Il faro”, un breve cortometraggio dal significato un po’ criptico…

“Il faro” parte dalla mia volontà di parlare dei nodi energetici. Un fenomeno molto studiato in Giappone e Nord europa, dove prima di costruire una casa si fanno vari studi. Qui abbiamo un faro che sorge proprio in uno di questi nodi, e le conseguenze saranno nefaste per le persone. Inizialmente doveva essere composto da tre episodi in diversi archi temporali, ma poi ne ho girato solamente uno.

Non sei solo un regista, ma anche uno scrittore. Ci puoi raccontare di questa tua attività?

Ho sempre amato scrivere, e se nei film c’è quasi sempre un tocco comico nei miei scritti ci sono sempre toni seri e drammatici. Ho pubblicato una ventina di racconti in varie antologie cartacee insieme ad altri scrittori, affrontando diversi generi come l’horror, la fantascienza sociale e psicologica, il sentimentale e l’avventura. E un paio di poesie. Temi a me molto cari sono la caduta della fragile maschera sociale dell’essere umano, lo scontro con gli elementi della natura, l’amore, l’istinto di sopravvivenza, la malinconia.

Nel corso degli anni hai scritto per vari siti e fanzine, e sei stato collaboratore del mitico Fantafestival

Per il Fantafestival la mia è stata una collaborazione non accreditata. Ma senza presunzione ti dico che è stata molto importante per l’edizione del 2004. Per il cinema Overlook, dove si svolgeva una parte della manifestazione, contattai personalmente i registi Bianchini e Zuccon, che gentilissimi mi fornirono per il Fantafestival, sezione premio del pubblico “Ascia d’oro”, i loro film “Radice quadrata di tre” e “Custodes bestiae”, e “L’altrove”, “Il figlio dell’altrove” e “The shunned house”.

E diversi registi di cortometraggi per la sezione Fantacorti / premio del pubblico “ascia d’argento” (“Romeo and Juliet”, “Heterogenic”, “Supermosca”, “Draculino”, “Ultima estate a Shell Beach”, “Se la notte finisse”). In più ho avuto la grande soddisfazione della vittoria di un corto che avevo portato, “Se la notte finisse” di Piero Cannata. Per quanto riguarda la scrittura ho sempre amato parlare e far conoscere film poco conosciuti e siti e fanzine sono stati un ottimo strumento per il mio scopo

Quali sono i film italiani degli ultimi 5 anni che hai amato di più?

Ti parlo del genere fantastico/horror/thriller. “Fantasticherie di un passeggiatore solitario” l’ho trovato strepitoso. Una storia fantasy dai toni dark e con un episodio d’animazione in stop motion. “Beautiful people” è stata un’altra sorpresa, una storia criminale dai toni molto duri che prende poi una piega fanta/horror.

“Morituris”, che unisce elementi classici del genere (gli assassini che massacrano gente in un bosco) con un discorso italiano, della nostra storia, che ci appartiene, senza scopiazzare gli americani (in questo caso il tema dei gladiatori). “Oltre il guado” è un altro film che ho molto apprezzato. Sul fronte cortometraggi voglio segnalare l’umorismo surreale del fantasy “Djinn tonic” di Domenico Guidetti, con uno scatenato Francesco Pannofino.

Stai lavorando a qualche progetto cinematografico o letterario in questo periodo?

Io da sempre amo raccontare storie, che siano in maniera di film o scritte su carta…o monitor. Molte storie vivono già nella mia mente e quando una “vince” sulle altre la faccio nascere anche nella vita reale, scrivendola.