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Il colpevole – The Guilty: il potere delle parole – La Recensione

Tutto merito della sceneggiatura, verrebbe da dire parafrasando l’espressione di più o meno modestia “tutto merito del fotografo”. Il colpevole – The Guilty ha alle spalle uno script molto solido senza il quale l’intero film crollerebbe come un castello di carte. Perché diciamo questo? Il colpevole consta in una ripresa di 85 minuti, 85 minuti girati in un unico ambiente e coi movimenti di macchina ridotti al minimo, tant’è che la telecamera non mostra nulla, se non le espressioni del volto di Asger Holm (Jakob Cedergren) e le voci fuori campo di poche altre persone.

A dispetto di quanto sopra detto, la trama è molto semplice e, almeno in apparenza, lineare. Asger è un ex agente di polizia che, in attesa di un’udienza in tribunale da cui dipende il suo rientro nelle forze dell’ordine, si trova costretto a lavorare in un centralino di pronto intervento. A pochi minuti dalla fine del turno Asger risponde a una chiamata diversa dal solito:

Asger Holm (Jakob Cedergren): Pronto intervento! Pronto intervento! Pronto? Parlo con Iben?
Iben (Jessica Dinnage): Ciao amore!
Asger: Ha bevuto?
Iben: No, per niente!
Voce fuori campo: Una cosa breve.
Asger: Chi c’è insieme a lei? La persona che è con lei sa che ci ha chiamato?
Iben: No…

Iben (Jessica Dinnage, nell’originale) è stata rapita ma senza un indirizzo preciso è difficile localizzare il furgone bianco che la donna descrive. A questo punto Asger si mette sulle tracce del rapitore e, sull’onda di film come Il terrore corre sul filo, inizia a fare delle chiamate che lo porteranno a delle scoperte sempre più sconvolgenti. Tra queste, l’identità del sequestratore: l’ex marito di Iben, un uomo violento che “non ha mai capito la donna” e con un ordine restrittivo nei confronti dei figli.

Il tempo passa e l’ex poliziotto ha poche risorse a propria disposizione per salvare la donna. La centrale di polizia non è propensa ad aiutarlo. Asger è solo; con lui, un telefono e l’amico fidato Rashid.

Jakob Cedergen in un primissimo piano de Il Colpevole
Che cosa ci lascia Il colpevole?

Due sono le linee narrative sottese al film: il contrasto realtà-apparenza e il senso di colpa, già messo in evidenza nel titolo. Avvolto in una spirale di rimorsi per motivi personali, Asger cerca di redimersi facendo tutto il possibile affinché Iben si salvi. In questo, ha grande importanza l’interpretazione di Jakob Cedergren, molto bravo a far affiorare dalle parole e dai gesti del personaggio i propri sentimenti.

Al di là del  senso di colpa che spinge Asger a fare più del dovuto, le sue buone intenzioni sono evidenti: rimane a lavorare oltre il turno di lavoro, indaga sul caso attraverso tutti i numeri telefonici che ha a disposizione, si commuove di fronte alla piccola Mathilde, figlia di Iben, che vorrebbe la mamma di nuovo a casa.

Eppure, a un’idea non sempre corrisponde una stessa realtà. Perché, certo, Iben ha chiamato il pronto intervento in quanto vittima di un sequestro da parte dell’ex marito appena uscito dal carcere. Ma, forse, questa è solo una parte della storia, è quello che si vede in superficie, è la “faccia della medaglia” meno scomoda e dolorosa da vedere.

The Guilty sorprende lo spettatore con continui colpi di scena e lo tiene incollato allo schermo. Nonostante alcune svolte della trama prevedibili, nel complesso la sceneggiatura regge bene. Ciò che lascia più sorpresi è come con pochissimi mezzi si possa creare un’opera tanto suggestiva e coinvolgente. Funziona, soprattutto, il potere evocativo delle parole. In fin dei conti, Il colpevole assomiglia un po’ a un libro: non vedi nulla, ma immagini tutto.

VOTI FINALI
Il colpevole - The Guilty
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Quando avevo sei anni e la maestra mi fece la classica domanda: "E tu, da grande, cosa vuoi fare?", la mia risposta fu, con tutto l'entusiasmo che avevo in me, "cinema, ovviamente!". Due minuti dopo scoprii, con mia grande delusione, che "cinema" non veniva considerato dagli adulti qualcosa che io potessi fare. E nemmeno un hobby troppo serio, a dirla tutta. Proprio per dimostrare il contrario (o forse per confortare la tesi della non serietà?) oggi sono qui, a scrivere per JAMovie. Che film prediligo? Non disdegno nulla, ma in particolare sono quella che scrive di film sconosciuti a tutti, a volte persino ai registi stessi, che pensavano di aver girato una pubblicità di biscotti e invece io ritrovo nel loro lavoro una riflessione sull'unità familiare nel meraviglioso momento del risveglio del XXI secolo. Le pubblicità, però, le lascio volentieri a qualcun altro. Qui mi occupo di film outsider, recensioni e approfondimenti. Tutti per voi!