Non è un errore di battitura, ma una dichiarazione d’affetto verso il mostruoso Iko Uwais e la sua squadra di stuntmen, per donarci dei combattimenti di un impatto e una violenza che sempre più latitano al cinema (perlomeno occidentale).
Per intenderci, Uwais è la belva protagonista di The Raid, e volendo darvi una vaga idea di cosa è capace con le mani dopo anni di pencak silat, ecco un estratto del seguito:
Certamente, dietro grandi combattenti ci sono anche registi capaci e che credono senza remore in film incentrati principalmente sulle bastonate: laddove Gareth Evans ha una cifra stilistica e una visione che rendono funzionali anche i momenti che intercorrono tra un combattimento e l’altro, in Headshot queste aspirazioni non ci sono.
Di conseguenza, la trama è davvero risibile, con il classico eroe provvisto di amnesia che viene salvato dalla dolce e bella infermiera. Seguono guai grossi e scontri via via più efferati per la salvezza della stessa. Ma si riesce a chiudere un occhio tranquillamente davanti alla bellezza e solidità dei combattimenti, coreografati ed eseguiti in modo impeccabile; per non parlare della potente sensazione di dolore che i colpi restituiscono.
In particolare da ricordare lo scontro con il mago dello sfollagente (vedere per capire), ma in generale è evidente come i Mo brothers si siano divertiti come matti alla regia, con le loro riprese pazze dall’alto e qualche stuntman che sospetto non sia tornato a casa in salute come prima delle riprese.
Sporco, fracassone, Headshot è un film godibile dall’inizio alla fine.
Di fronte ai movimenti di Uwais non si può non pensare a quanto sia stato deficiente l’uso di un attore con queste abilità ne Il risveglio della Forza. Davvero imbarazzante.