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Green Book – La Recensione

Per prima cosa tocca introdurre i due protagonisti di questo film. Da un parte c’è un volgarotto italo americano di origine calabrese, si chiama Frank Anthony Vallelonga, ma tutti lo conoscono col nome di Tony Lip, come labbra perché pare raccontasse una marea di fregnacce o frottole dir si voglia.

Prima di intraprendere la carriera di attore con piccole parti in film come Il Padrino, Toro Scatenato, Quei bravi ragazzi, Donnie Brasco ma soprattutto I Soprano, Tony sbarcava il lunario. Negli anni in cui sbatteva la gente fuori dal Copacabana, venne ingaggiato da un certo Don Shirley (e questo è il nostro secondo personaggio). Musicista jazz afroamericano di enorme talento, amatissimo dalla comunità bianca, forse anche per il modo in cui svariava da Tchaikovsky a George Gershwin fino a Duke Ellington. Quindi musica classica e jazz da camera. Elegante, impeccabile, ricco e irrimediabilmente gay.

Ora, non ci vuole tanto sforzo di immaginazione per capire che cosa potesse voler dire essere nero e gay nella bigotta America dei primi anni ’60. Eppure Don Shirley era stanco di essere ammirato nella sola moderna Grande Mela, lui voleva sfidare i preconcetti del profondo Sud. Lui voleva la balena bianca. Alabama, Mississippi, qui c’erano le leggi Jim Crow, e un nero non poteva neanche uscire di notte da solo.

Qui gli afroamericani venivano seviziati, uccisi e appesi nudi come Strange Fruit (citando Billie Holiday). Erano gli anni della segregazione e del Ku Klux Klan. La “N-word” (come dicono negli States) veniva usata con molta semplicità, innocenza e razzismo.

E allora il nostro apprezzato musicista afroamericano cosa fa? Ovvio, chiama un gorilla italiano per farsi accompagnare e difendere in un tour nei paesi americani più pericolosi per un nero. A guidarli appunto un Green Book, ossia una sorta di Michelin, di Dinner e Motel, dove potevano entrare anche gli afroamericani. All’inizio i due non si capiscono, differenze culturali, qualche passaggio scontato, e bla bla bla fino al finale consolatorio che tutti vogliamo e ci aspettiamo da questi film.

Insomma una banalità? Niente affatto.

Green Book ha tanti incredibili pregi. La prima cosa che colpisce ovviamente sono i due attori Mahershala Ali già Oscar come miglior attore non protagonista in Moonlight (senza dimenticare l’ultimo True Detective) e poi ovviamente Viggo Mortensen che dispensa frasi e parolacce in italiano (a tal proposito, se non andate a vedere il film in versione originale, siete dei pazzi!).

Poi la grande sorpresa dietro la macchina da presa il buon Peter Farrelly, di nuovo senza il fratello 24 anni dopo il suo esordio con Scemo & più scemo, in fondo anche quello un improbabile on the road!

Insomma il film presta il fianco in ogni modo possibile e immaginabile, poteva essere un disastro zeppo di cliché. Invece non è così, i tempi comici sono perfetti e la pellicola emoziona e commuove.

Probabilmente a breve sentirete anche molte polemiche che hanno accompagnato l’uscita del film. Come quella di Mortensen che durante un’intervista di presentazione, si è fatto scappare nitidamente la succitata “N-word” o il fatto che Cameron Diaz abbia giusto pochi giorni fa tirato fuori la storia di Peter Farrelly e di quando gli mostrò il pene sul set di Tutti pazzi per Mary. Poco importa se questi scherzetti costeranno a Green Book gli Oscar ai quali ambisce.

Voi andatelo a vedere lo stesso perché questo piccolo gioiellino merita tutta la vostra attenzione.