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Gotti – Il primo padrino – La Recensione

La storia del “The Dapper Don” per eccellenza, il boss mafioso italo americano John Gotti, ha inizio il 16 dicembre del 1985 quando, al suo schiocco di dita, venne fatto fuori Paul Castellano, all’epoca capo della famiglia Gambino. Inizia così un nuovo ciclo. Un criminale elegante, vanesio e violento, amato dalla gente di quartiere. Ma soprattutto la storia di un padre, umano e amorevole.

Una famiglia distrutta dalla morte accidentale del figlioletto Frank Gotti, investito e ucciso sulla sua bicicletta dal vicino John Favara. Inutile a dirsi il povero uomo venne successivamente rapito e presumibilmente sciolto nell’acido.

Insomma quella di John Gotti e dell’omonimo film di Kevin Connolly è una storia di malavita newyorkese, sullo stile seminale di Scorsese, ovviamente Quei bravi ragazzi, da cui il regista attinge a piene mani (o almeno ci prova). La voce fuori campo, l’epica ridondante di un biopic nato dopo non poche fatiche produttive. In America li chiamano development hell, ossia film, sceneggiature (ma anche progetti artistici di varia natura) rimasti bloccati in fase embrionale dalle incomprensioni, indecisioni e timori dell’industria cinematografica. Originariamente il progetto si chiamava Gotti: In the Shadow of My Father e doveva essere diretto da Barry Levinson. Quindi il film passò tra le mani di Nick Cassavetes e Joe Johnston. Tra gli attori erano stati coinvolti Al Pacino, Chazz Palminteri, Lindsay Lohan, Ben Foster e (in grande rispolvero) Joe Pesci, che alla fine di questa giostra produttiva, fece causa alla Fiore Films per 3 milioni di dollari.

Insomma un disastro annunciato.

Dopo 5 anni di battaglie legali, il progetto viene affidato al giovane e inesperto attore e regista Kevin Connolly. La parte di John Gotti a John Travolta e quello della moglie Vittoria alla reale compagna di Travolta, Kelly Preston. Il resto del cast viene completato da nomi per lo più sconosciuti al grande pubblico.

Il risultato: un disastro, ma di quelli epici.

All’uscita in America la pellicola viene stroncata dalla critica e snobbata dal pubblico. Il Post lo definisce “il peggiore film di tutti i tempi”. In molti sostengono poi che la MoviePass Ventures, abbia acquistato il 40% dei biglietti venduti per evitare l’effetto domino sulle vendite future. Per non parlare della controversia su Rotten Tomatoes e delle presunte recensioni positive scritte da utenti fittizi.

John Travolta e Kelly Preston

Il film in effetti non funziona. Lento, noioso, scritto male e diretto peggio. C’è una totale assenza di un insieme strutturale e la pellicola si perde in una sequenza di aneddoti sulla vita del malavitoso che non hanno né capo né coda.

Non aiutano le interpretazioni al limite dell’amatoriale. Neanche gli sforzi di Travolta sono utili alla causa. La fotografia televisiva, il montaggio da casalinga alle prese con Movie Maker e le musiche (firmate dal producer e musicista Pitbull) che sfiorano il ridicolo, completano il cerchio. Difficile dire se si tratta del film più brutto di tutti i tempi, di certo è una pellicola adatta forse solo agli amanti del gangster trash italoamericano e/o alle vedove dei Soprano.

In linea di massima però, al posto di rivederlo, sarebbe molto meglio farsi fare una french wax.