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Good Boys – Quei cattivi ragazzi – La Recensione

Guardare Good Boys – Quei cattivi ragazzi è un po’ come rivedere Seth, Evan e il mitico McLovin, di nuovo in azione, ma con qualche anno di meno.

Le menti creative dietro a Superbad: Tre menti sopra il pelo, Strafumati e Sausage Party – Vita segreta di una salsiccia, portano il loro cinema oltraggioso, nostalgico, volgare ed esilarante nel mondo dei 12enni. Mentre le precedenti commedie di Evan Goldberg, Seth Rogen e degli autori Lee Eisenberg, Gene Stupnitsky, erano indirizzate agli ultimi anni dell’adolescenza, in Good Boys si fa un passo indietro e si ritorna all’inizio dello sviluppo puberale. Diciamolo, quel periodo in cui non si capisce un bel niente del sesso e tutto sembra misterioso e problematico, anche un bacio. E proprio da un bacio che inizia questa storia.

Max (Jacob Tremblay, il protagonista di Wonder e che vedremo prestissimo in Doctor Sleep), entra nel panico perché viene invitato al suo primo Kiss Party. Chi non ha mai fatto il gioco della bottiglia?

Il problema di Max è che non sa come baciare una ragazza. Insieme ai suoi migliori amici Thor (Brady Noon) e Lucas (Keith L. Williams), provano prima con la sexy bambola gonfiale del padre di Max (Will Forte), che loro scambiano per il manichino d’addestramento al salvataggio. Poi prendono “in prestito” un drone per spiare le coppie nelle vicinanze nella speranza di rubare con la videocamera qualche bacio. Ma due ragazze un po’ ribelli glielo sequestrano.

A questo punto la storia si complica ed entrano in gioco, sostanze stupefacenti scambiate per vitamine e sex toys dei genitori scambiati per armi. Le intenzioni del film ovviamente non sono solo quelle di divertire con battute più o meno volgari e situazioni più o meno al limite. Nella pellicola c’è il trauma del divorzio, della paura di crescere, di perdersi. Un coming of age a tutti gli effetti anche se i problemi di un 12enne sono diversi da quelli di un 17enne.

Il risultato purtroppo non è efficace com’era stato per Superbad. Good Boys è molto più controllato e meno dissacrante. Quasi una sorta di self-censorship degli stessi autori.

Forse per paura di possibili polemiche (anche perché il set del film è stato devastato da una pesante polemica circa il “blackface” del giovane attore Keith Williams). Insomma ci si diverte certo e si riflette, ma la pellicola poteva essere meno pavida. Perso il pubblico di ragazzini, tanto valeva puntare sugli adulti.

A tal proposito è curioso il trailer del film con Seth Rogen che parla ai ragazzi dicendo loro che pur essendo i protagonisti del film e pur avendo fatto tutte quelle discutibili cose, per legge non potranno vedere né il trailer e neanche il film. Al panico generale dei ragazzini Rogen risponde: “Questa è Hollywood!”.

Insomma un film per i 12enni che non potranno vedere che tra qualche anno, quando con occhi lucidi e una leggera patina di nostalgia, capiranno che ogni età ha le proprie problematiche e che la vita sarà sempre un continuo voltarsi indietro per capire dove siamo ora.