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Dolemite Is My Name: la rinascita di Eddie Murphy

E’ il 1970 siamo ad L.A., Rudy Ray Moore (Eddie Murphy) è un modesto artista che prova a sfangarla in tutti i modi. In grosse difficoltà economiche lavora ancora in un negozio di dischi.

Prova disperatamente di far passare alla radio la sua musica e di notte nel locale introduce la band di Ben Taylor (Craig Robinson) con qualche barzelletta mediocre. Ma Rudy ha la parlantina e soprattutto la tenacia. Un giorno si imbatte in alcuni barboni del suo quartiere e da loro ruba l’idea di riproporre una serie di vecchi sketch comici, un varietà volgarotto, ma diretto e onesto. Una sorta di minstrel show, caricaturale ma non razzista. Rudy Ray Moore con addosso un abito da magnaccia e brandendo un bastone, sale sul palco e diventa Dolemite. Il pubblico lo apprezza a tal punto da regalare a Rudy una seconda vita artistica proprio quando stava per mollare tutto. Ma il bello deve ancora venire. Per prima cosa registra un album “Eat Out More Often“. Il risultato è incredibile, sia come immediato responso che a livello di lascito storico.

Perché se la nascita dell’hip hop viene fatta risalire alla torrida sera dell’1 agosto 1973 e al grande disc jockey del Bronx DJ Kool Herc, sono in molti a sostenere che le fondamenta di questo genere musicale le abbia buttate proprio questo vinile e le rime del suo folle autore.

Non pago Rudy decide di alzare la posta e di girare un film. Coinvolge il drammaturgo Jerry Jones (Keegan-Michael Key), intellettuale impegnato e maggiormente attratto dall’idea di elevare la comunità che di scrivere di prostitute, papponi e kunk fu. Ma alla fine a Rudy non si riesce a dire di no. Quindi è il turno dell’attore D’Urville Martin (Wesley Snipes). Un pezzo da novanta in quegli anni, un di quelli che aveva “sfondato” recitando piccole parti in film Rosemary’s Baby o Indovina chi viene a cena. Anche in questo caso ci vuole la parlantina di Rudy per farlo imbarcare in questo progetto. Tocca solo girare, coi pochi mezzi a disposizione, ma con l’incredibile tenacia del grande Rudy. Tutto il resto è storia.

Dolemite Is My Name, diretto da Craig Brewer, da una sceneggiatura di Scott Alexander e Larry Karaszewski, è un divertente e beffardo biopic del comico, musicista, cantante, attore e produttore cinematografico Rudy Ray Moore.

Personaggio cult e iconico della blaxploitation, simbolo degli afroamericani dagli Anni ’70, Rudy Ray Moore in arte Dolemite è sempre stato molto amato dalla comunità afroamericana. Questa interessante ricostruzione storica, rappresenta la celebrazione di un’epoca e l’incoronazione di un ispiratissimo Eddie Murphy. L’attore dedica la pellicola al fratello maggiore morto prematuramente nel 2017 per una leucemia fulminante e tira fuori una delle sue interpretazioni migliori di tutta la sua lunga e altalenante carriera.
La pellicola ha un’identità molto forte, molto americana, molto afroamericana. Vederlo doppiato non ha ovviamente alcun senso, visto che le celebri rime di Rudy si fondavano su doppi sensi e giochi di parole.

Se tra gli attori spiccano le prove di Da’Vine Joy Randolph, Keegan-Michael Key, Wesley Snipes, spassose sono anche le comparsate di Snoop Dogg e Chris Rock.

Da non perdere, se interessati all’argomento, vi ritroverete a fine serata ad urlare: “Dolemite is my name and f**king up motherf**kers is my game”

Disponibile su Netflix.