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Road to Blade Runner 2049: Do android dream of unicorns?

blade runner: the final cut

A breve avremo modo di mettere la mani su Blade Runner 2049, seguito, a ben 35 anni di distanza, dell’acclamato cult di fantascienza ad opera di Ridley Scott. Che cosa rende una pellicola senza tempo? Certamente la risposta non è unica e non si cela dietro un solo fattore.

E’ nelle radici della storia, nata per mano del prolifico Philip K. Dick, a cui il cinema deve tantissimo; un uomo dalla vita complicata, che non ebbe mai modo di vedere il suo Do android dream of electric sheep? diventare un film. Blade runner, appunto.

E’ nell’ambiguità che permea la pellicola, di un futuro sinistro e malinconico, in cui un altrettanto malinconico Harrison Ford interpreta Rick Deckard, un cacciatore di androidi disilluso e la cui natura è altrettanto ambigua.

Negli anni, Deckard è stato ovviamente un umano che di lavoro uccideva replicanti; poi, le versioni alternative di Blade Runner si sono moltiplicate, arrivando a ribaltare la natura del protagonista principale.

Gli androidi sognano quindi unicorni?

Sconcertante come una manciata di frame possa stravolgere il senso di Blade Runner, o per lo meno rimetterlo profondamente in discussione. Un innocente hobby dell’inquietante Gaff, un complesso origami che svela la natura di un sogno di Deckard. In una storia dove scopriamo quanto sia comune la prassi di impiantare memorie nella mente degli androidi, arrivando persino a renderli inconsapevoli della loro (im)perfetta natura.

E’ nell’estrema ricercatezza dei dettagli

Il perfezionismo di Scott creò non pochi attriti nelle riprese, ma il risultato è un futuro vivo, denso di particolari, ricercato già a partire dal lessico: replicants anzichè androdi, il retirement per l’uccidere i replicanti, oggettivandoli; e il titolo stesso, Blade Runner come assonanza con body hunter (e nulla di più in comune con la novel di William S. Burroughs da cui Ridley Scott prese il nome).

Il futuro è dettagliato e credibile; video-telefoni, assistenti vocali e pubblicità tecnologicamente invadenti sono già realtà, sulle auto volanti ci siamo quasi e l’intelligenza artificale è altrettanto vicina. Eppure, è l’enorme lavoro artigianale di Douglas Trumbull a rendere possibile una metropoli futuristica senza alcun ausilio di CGI. Per non parlare del genio visionario di Syd Mead, che contribuì all’immaginario del film creando la macchina di Voight-Kampff, minaccioso strumento capace di ‘sentire’ l’assenza di umanità nei soggetti sotto test.

Nulla è lasciato al caso, persino in un bicchiere c’è dietro un mondo (e il tocco italiano di Cini Boeri)

E’ nei Vangelis

Quanto deve Blade Runner ai Vangelis? una colonna sonora immortale, un uso degli stumenti capace di esaltare la visione in ogni momento, senza coprire la narrazione. Passando senza soluzione di continuità dal melanconico romanticismo di Love theme all’inquieto spazio profondo di End titles.

Passano i decenni, e l’eredità di questo lavoro è tutt’ora presente (dico solo Drive e Cliff Martinez)

E’ nell’umanità

Scene rigirate un numero impressionante di volte, tecnici di livello altissimo e una continua rielaborazione negli anni alla ricerca della versione perfetta. Eppure, è anche con una frase improvvisata all’ una di notte da Rutger Hauer che si passa alla storia. Quella frase.

 

E’ quindi comprensibile come molti si trovino pervasi da un misto di trepidazione e timore nell’attendere Blade runner 2049. Un’eredità enorme, un’opera che ha gettato le basi per anni di cinema (Strange days, Matrix, Dark City, Batman Begins) e anime (Ghost in the shell, Cowboy bebop), e ne ho citati solo un paio. Non facile potare avanti un nome simile, ma Denis Villeneuve si è mostrato capace negli anni di grandi cose, a prescindere dal genere.

Forse sapremo se uomini e replicanti sognano ciò che vogliono.

 

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Direttore e Fondatore

Il lavoro e la vecchiaia incombono, ma da quando ho memoria mi spacco di film di fantascienza, dove viaggio di testa fino a perdermi, e salto in piedi sul divano per dei tizi che si menano o sparano alla gente come fossero birilli. Addolorato dalla piaga del PG­13, non ho più i nervi per gli horror: quelli li lascio al collega, io sono il vostro uomo per scifi, azione e film di pistolotti metacinema/mental/cose di finali tripli.