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6 consigli per avvicinarsi al cinema asiatico

Molti amano il cinema ma, qui in Occidente, quello orientale è ancora oggetto di mistero per una grande parte del pubblico. Un po’ per “razzismo” cinematografico, per il quale moltissimi snobbano il cinema asiatico perché “sono gialli, che schifo” (tratto da una storia vera), un po’ perché non si sa come avvicinarsi a questo cinema. Per gli appartenenti al primo caso, non c’è molto da fare, se la pensano così, buon per loro. Se, invece, appartenete alla seconda categoria, questo articolo fa per voi. Oggi, infatti, vogliamo consigliarvi una manciata di titoli da vedere per avvicinarvi al cinema asiatico, dell’Estremo Oriente soprattutto. Alcuni dei film presentati in questa sede, non sono necessariamente delle pietre miliari della storia del cinema, poiché potrebbero apparire un po’ troppo ostici per chi non ha mai visto un film asiatico. Ultima nota prima di iniziare, l’elenco non è in ordine di bellezza o di importanza ma è semplicemente una specie di percorso in modo da immergersi a poco a poco in questo cinema. Pronti? Bene, iniziamo.

1. A Bittersweet Life – Jee-woon Kim

Un film dall’estetica dura ed elegante, violenta ma con gusto, A bittersweet life di Jee-woon Kim è una dei caposaldi del cinema thriller coreano moderno, al pari della celeberrima Trilogia della Vendetta di Park Chan-wook. Un gangster movie in cui le “mazzate” non vengono trascurate, anzi, le scene di lotta sono coreografate con un’eleganza ed una spettacolarità difficilmente eguagliabili. Approfondimento psicologico dei personaggi, in particolar modo del protagonista, efficace e raffinato. Come molto spesso accade nel cinema orientale, la dicotomia bene-male è molto flebile, se non del tutto assente, in pieno stile “Yin e Yang” (che pure appartengono alla religione cinese, più che coreana): i personaggi positivi non sono del tutto positivi, né i negativi sono del tutto negativi. Un film sì commerciale ma capace comunque di richiedere un minimo sforzo intellettuale a chi non vuole semplicemente “spegnere il cervello”, pur essendo perfettamente adatto anche ad una visione meno impegnata.

Il protagonista di A Bittersweet Life.

2. La Città Incantata – Hayao Miyazaki (2001, Giappone)

È la storia di una bambina, Chihiro, che sta traslocando insieme ai genitori, i quali, una volta raggiunto un villaggio misterioso, senza persone ma pieno di cibo, iniziano ad ingozzarsi fino a trasformarsi in maiali. Chihiro inizierà a lavorare in un centro termale frequentato da spiriti e creature sovrannaturali, nel tentativo di liberare i genitori da quell’orrendo sortilegio, in una serie di eventi fantastici ed emozionanti, perfettamente dosati per divertire e far riflettere senza mai annoiare. Uno dei più grandi capolavori dell’animazione giapponese, il film che ha fatto conoscere il nome di Hayao Miyazaki al grande pubblico occidentale; una fiaba delicata ed intensa, che fa commuovere e divertire, un capolavoro; una storia delicata capace, come tutti i film del Maestro, di parlare tanto ai bambini quanto agli adulti. Miyazaki usa un linguaggio maturo per parlare ai più piccoli, non vuole trattarli come delle persone limitate mentalmente, e, in questo modo, si rende perfettamente comprensibile ed apprezzabile anche dai più grandi.

Chihiro, in quel capolavoro de La Città Incantata.

3. L’Urlo di Chen Terrorizza Anche l’Occidente – Bruce Lee (1972, Hong Kong)

Bruce Lee. Chi non lo conosce? Uno degli artisti marziali più famosi di sempre, una delle più importanti icone del XX secolo che ha portato nelle case di tutti il famoso verso “WATA!”. Tutti sanno chi sia, anche senza aver mai visto un singolo secondo di un suo film. L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente non è assolutamente un capolavoro e soffre di qualche difetto, di natura principalmente tecnica. Ma è un film imprescindibile per cominciare ad esplorare uno dei generi fondamentali del cinema cinese/hong-kongese, il gongfupian, il cinema d’arti marziali. Ambientato in Italia, è un film che fa dei combattimenti il proprio punto di forza, come in tutti i film di Lee, e raggiunge il suo culmine nella scena finale, in cui assistiamo ad un epico scontro tra l’eroe Chen (Bruce Lee) ed il suo villoso nemico, un giovane Chuck Norris, una scena simbolo che alloggia nei cuori di tutti gli amanti del gongfupian e, in generale, del cinema asiatico.

L’epico scontro tra Bruce Lee e Chuck Norris.

4. Audition – Takashi Miike (1999, Giappone)

Il cinema horror è sempre stato uno dei vanti del cinema giapponese e chi meglio può erigersi a paladino moderno del genere, se non il (fin troppo) prolifico Takashi Miike? Il geniale regista che si cela dietro la macchina da presa di capolavori come Ichi the Killer o Visitor Q nel 1999 realizzò uno degli horror più subdoli e crudeli che potreste vedere, un film profondamente disturbante e doloroso, in cui le innegabili doti registiche di Miike vengono esaltate da una storia bellissima, in cui l’animo umano viene messo a nudo e la psiche dello spettatore viene spietatamente stuprata, distruggendo tutta la fiducia nel genere umano che si potrebbe avere.

Uno dei personaggi più crudeli di sempre, in Audition.

5. Primavera, Estate, Autunno, Inverno… e ancora Primavera – Kim Ki-duk (2003, Corea del Sud)

Il dramma è un genere molto importante per il cinema asiatico, che spesso si impegna nell’esplorare l’animo umano e l’esistenza che conduciamo. Kim Ki-duk è uno dei più grandi poeti del cinema contemporaneo a livello mondiale, il suo cinema si fonda principalmente sugli sguardi e, soprattutto, sui silenzi. La sua poetica e la sua struggente estetica si sublimerà nel suo massimo capolavoro, Ferro 3-La casa vuota, che, tuttavia, è un film più impegnativo per approcciarsi a questo regista, essendo un film totalmente privo di dialoghi. Primavera, Estate, Autunno, Inverno… e ancora Primavera è mezzo gradino sotto Ferro 3 ma resta una perla di inestimabile valore, una delicatissima poesia visiva sulla vita umana, dall’infanzia all’anzianità, ambientata in una singola location di una bellezza devastante, completamente immersa nella natura, sempre trattata e ripresa con immenso rispetto e amore. Dialoghi essenziali, parole misurate, pronunciate nella misura perfetta in modo da non rendere il film né prolisso né criptico, facilmente comprensibile e assimilabile anche dallo spettatore più inesperto.

La bellezza di Primavera, Estate, Autunno, Inverno… e ancora Primavera.

6. Lady Snowblood – Toshiya Fujita (1973, Giappone)

Il genere più caratteristico in assoluto del cinema giapponese, profondamente legato alla cultura e alla storia nipponica, il jidaigeki è probabilmente il genere più ostico al quale approcciarsi, ecco perché ne parliamo solo alla fine. Numerosi sono i jidaigeki superiori a quello qui presentato, a partire da quelli del Maestro Akira Kurosawa. Tuttavia, per il pubblico occidentale Lady Snowblood è quello più facilmente assimilabile, anche grazie al lavoro di Quentin Tarantino, il quale si è profondamente ispirato a questa perla per realizzare il meraviglioso Kill Bill. Un revenge movie in salsa jidaigeki pieno di violenza al limite dello splatter; ricchi schizzi di sangue macchiano crudelmente la pellicola, in un film dalla regia sublime e dagli effetti speciali sconvolgenti, soprattutto considerando il periodo in cui è stato realizzato. Però, il vero punto di forza del film di Fujita non è tanto quello tecnico, quanto quello “filosofico”, la sua riflessione sulla vendetta, che rende Lady Snowblood un capolavoro assoluto, tristemente molto meno conosciuto in occidente di quanto meriterebbe. Tuttavia, nel caso specifico di questo film, sarebbe meglio parlare di chambara, film di cappa e spada, più che di jidaigeki, essendo ambientato qualche anno più tardi rispetto al “terminus ante quem” proprio del jidaigeki (storie che si svolgono tra i XVII e la età del XIX secolo).

Yuki, nata per la vendetta.