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Cinema: intervista a Michele Pastrello

Buongiorno Michele! La tua prima regia di un cortometraggio arriva nel 2006, con il bellissimo NELLA MIA MENTE. Ricordo che a quei tempi si parlo’ molto e bene del tuo esordio!

Vero, primo film, primo festival, primo premio (al PesarHorrorFilmFest). Madrina della serata era Anna Falchi. Nella mia mente è stato il primo passo per me, vedere se sapevo raccontare per immagini. E a quanto pare, sì, la capacità ce l’avevo, dovevo solo mettermi alla prova. Ora quando lo rivedo vedo moltissime ingenuità, anche perché di fatto è stato fatto quasi tutto tra amici. Rammento che Pier Maria Bocchi, allora critico per Nocturno, lo trovò per caso in redazione e ne scrisse bene sulla rivista; le prime soddisfazioni, in pratica.

3 anni dopo arriva il secondo corto, “32”, con la splendida Eleonora Bolla come protagonista. 32 vince il festival piemontese ToHorror. Nella tua seconda prova registica parli apertamente della tua, anzi della nostra terra, il Nordest

Sì, per dire che l’orrore sovente è davanti ai nostri occhi. Una distesa di strade, zone industriali, centri commerciali, è tutto come una periferia di una metropoli, in cui le aeree verdi, nei decenni, sono stato frantumate, rovinate. Scrive la geografa Teresa Isenburg: C’è anche una componente di follia nell’attuale aggressione a 360 gradi del quadro ambientale che costituisce il palcoscenico sul quale viviamo. Ma c’è anche un elemento culturale, l’assenza di speranza e di utopia, che spinge a una furia distruttiva così profonda. Io quello che ho fatto è stato trasportarlo in metafora. Non un documentario, nessun taglio “neorealista”, ma una metafora semplice, diretta, desolante. E’ stato bello essere presente al NoirFest di Giorgio Gosetti a rappresentare il Veneto quell’anno, sebbene con un tema così.

Nel 2011 arriva ULTRACORPO – BODYSNATCHER, altro gioiellino di buon cinema. Un corto aperto a vari tipi di “letture”…

Ultracorpo è il mio cortometraggio più complesso, purtroppo non sempre compreso, talvolta insultato. E’ stata una esperienza dura. Non un set facile, ma noto che, a distanza di anni, c’è ancora gente che lo scopre o riscopre e che si complimenta con me. Ultracorpo credo che abbia la capacità di sedimentare dentro lo spettatore. Sono convinto che avrebbe meritato maggiore attenzione di quella che ha ricevuto. Ma credo che il tema scomodo (l’omofobia vista dagli occhi di un omofobo) che ho trattato abbia remato contro. Sono stato molto contento, comunque, di aver lavorato con Diego Pagotto e Guido Laurjni.

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L’anno dopo giri INHUMANE RESOURCES. Ce ne vuoi parlare?

Con InHumane Resources ho tentato la carta “azione” e, ancora una volta, è un lavoro quasi tutto non parlato. In produzione abbiamo perso “pezzi” per strada, cosa che un po’ il cortometraggio ne risente, lo ammetto. Eppure rispetto a tutti gli altri ha un soggetto forte ed accattivante che sarebbe molto bello portare in termini di lungometraggio. La tematica è più che mai odierna in ambito lavorativo e ruota attorno ad una frase nota: “mors tua, vita mea”. Quanto siamo disposti ad accettare in noi e verso gli altri pur di ottenere quella sicurezza economica che tanto bramiamo?

2014: DESKTOP, forse il mio preferito della tua filmografia. Anche questo corto, tra l’altro brevissimo (4 minuti scarsi), puo’ essere letto dallo spettatore in vari modi…

Desktop arriva dopo una lunga pausa e con le intenzioni di abbandonare il cinema di genere. Lo ho girato in un periodo della mia vita particolare, ed è ad oggi il video a cui sono più affezionato, anche perché ha timbrato dentro me un cambio di passo. Di Desktop ha scritto benissimo Danilo Arona, le cui parole riporto letteralmente. In verità vorrei spingermi al di là della metafora implicita. Ovvero quella denuncia della solitudine umana ingigantita dalla tecnologia cui non sappiamo più rinunciare. Mi piace ipotizzare che, nella mente di Pastrello, ci stiamo muovendo anche nel multiverso, in quell’insieme di universi coesistenti e alternativi al di fuori del nostro spaziotempo, che la letteratura e il cinema di fantascienza hanno divulgato come “dimensioni parallele”. Fisica quantistica, insomma. Nella quale universi per definizione non comunicanti possono per frazioni infinitesimali di tempo “aprirsi” e provocare un transito di informazioni dall’una all’altra parte e viceversa. E persino influenzarsi reciprocamente.

AWAKENINGS (COSCIENZA DOPO IL SONNO) sembra riprendere lo stile di DESKTOP. Dal 2014, da dopo INHUMANE RESOURCES, cambi un po’ registro nel tuo modo di fare cinema

Sì, ed è voluta la cosa. Awakenings è stata una sfida tecnica prima di tutto (molte location, moltissime inquadrature, intrecciare il reale col fantastico in modo perpetuo). Ma anche la volontà di parlare di due argomenti difficili: il rimpianto e il cambiamento. Neanche 5 minuti tutti di filata, di corsa, cercando di catturare micro momenti che possono valere più di molti dialoghi. Insomma, il percorso iniziato con Desktop continua.

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Alla fine, pochi giorni fa, pubblichi SENSORIUM DEI. Diciamolo, il più enigmatico ed ermetico dei tuoi lavori recenti, di cui però non ci vuoi dire troppo sulla tua visione…

Sì, vero, il più tormentato dei miei lavori io direi. Una creatura nuova nel mio archivio immaginario ora, non avevo mai fatto qualcosa di così istintuale e filosofico al contempo. Tutto è nato un po’ per caso: sono incappato in una lettura filosofica sul tema del tempo ed ero rimasto colpito dal termine newtoniano “Sensorium Dei” e del dibattito tra fisici e filosofi nel corso dei secoli. Tuttavia, nonostante tutto, ciò che scriveva Agostino d’Ippona è ancora più che mai attuale, sul tempo inteso come “distensio animi”, come una dimensione dell’anima. Insomma, ho provato a farmi una domanda: dov’è domani? Dove sarebbe domani senza ieri? Da lì è partito tutto, poi ho inserito dell’altro.

Come è stato lavorare con gli attori in Sensorium Dei, Stefano Negrelli ed Eleonora Panizzo?

Molto bello. Stefano Negrelli lo conosco da tempo, è un rapporto consolidato, sono colpito dalla totale fiducia che ripone in me. Con Eleonora Panizzo è stata la prima collaborazione, perché in passato il destino non ha voluto collaborassimo. Anche con lei si è creato un serenissimo rapporto sul set ed è stata molto presente e disponibile. Nonostante avesse i brividi su tutta la pelle per il freddo che ha dovuto patire!

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Nell’arco della tua carriera hai partecipato (e spesso vinto) a tantissimi festival di cinema indipendente in giro per il mondo. Pensi che i festival indipendenti siano ancora una vetrina importante per i registi emergenti?

Sarò drastico. Un festival indipendente è utile se si fa, all’interno della propria manifestazione, da intermediario per mettere in contatto i registi con gli addetti del settore e della comunicazione. Altrimenti, a mio avviso, non serve (quasi) a nulla.

Ultima domanda, con la quale ti “perseguito” da tempo: fare un bel lungometraggio?

Volentieri, appena mi trovi un produttore che voglia leggere una mia storia e creda nelle mie potenzialità (e della storia). Vedrai che non mi tirerò indietro.