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Ciclo Cassavetes: Una Moglie (1974)

Analisi a cura di Vincenzo Politi 

Quello di Cassavetes è un cinema di eccessi, di follie e squilibri che si insinuano nella quotidianità. Di tutti i suoi film, quelli che godono della partecipazione di sua moglie Gena Rowlands conservano un posto speciale nel cuore di molti cinefili. Tutto merito di questa strepitosa attrice, capace di concedersi con assoluto abbandono allo sguardo implacabile della macchina da presa.  Un’attrice in grado di incarnare un ruolo con abnegazione, trasformando sé stessa, senza inibizioni, sparendo nel personaggio. Il sodalizio Cassavetes-Rowlands, compagni nell’arte e nella vita, tocca uno dei suoi massimi vertici con il film Una Moglie (1974).

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Gena Rowlands interpreta Mabel in Una Moglie (1974)

Gena Rowlands interpreta Mabel, una casalinga di un quartiere popolare di Los Angels, moglie di un muratore e madre di tre vivacissimi bambini. Mabel è un concentrato di amore. Ama suo marito, anche al punto di fargliela passare liscia un po’ troppo spesso, o di cucinare per tutti i suoi colleghi. Ama i suoi figli con tutta sé stessa. Ama pure i figli dei vicini, che lei accoglie sempre a braccia aperta organizzando feste in giardino e intrattenendoli con coreografie e balletti. Perché, si sa, i bambini sono figli di tutti.

Ma Mabel ha qualcosa che non va, anche se nessuno sa dire esattamente cosa. Il suo modo di parlare, pieno di tic nervosi, confonde e inquieta. L’amore immenso che prova per tutti mette a disagio, è troppo viscerale. E poi, anche il marito, che torna a casa stanco da lavoro, avrà anche lui il diritto di riposarsi fra le braccia di una moglie ‘normale’, o no?

Quale sia il vero problema di Mabel, non lo sa nessuno. Bipolarismo? Nevrastenia? Chissà… Il titolo originale, poi, possiede una sfumatura che merita di essere discussa. A woman under the influence, letteralmente, significa ‘una donna sotto l’influenza’. Ma l’influenza di cosa? Di chi? È come se il titolo in sé già racchiuda tutti i pregiudizi e tutto il rifiuto sociale a cui va incontro una donna stravagante, anti-convenzionale. Per la società, una donna del genere non è ‘normale’. La sua anormalità, però, è talmente sconcertante che deve essere causata sicuramente dall’influenza di fattori esterni, oscuri, esoterici. Non un disturbo mentale, ma un vero e proprio caso di possessione.

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Gena Rowlands interpreta Mabel in Una Moglie (1974)

Il dramma di Mabel, dunque, è il rifiuto della società di fronte alla sua energia debordante, al suo amore folle. Quello della ‘follia femminile’, del resto, è uno dei grandi tropi letterari e cinematografici. Basti pensare ai romanticismi fatali di Madame Bovary o alla gelosia patologica di Anna Karenina. Oppure, alla Norma Desmond di Viale del Tramonto o alla spaventosa Jane Hudson di Che fine ha fatto Baby Jane?. Apparentemente, dunque, Cassavetes non inventa nulla di nuovo. L’originalità di Una Moglie, però, sta nel fatto di raccontare il disturbo mentale di una proletaria.

La follia di Mabel non ha assolutamente nulla di glamorous, perché Mabel non appartiene a una classe privilegiata. Il suo dolore non è un lusso borghese, una stravaganza ‘da ricchi’, perché quando c’è da pensare ai figli da mandare a scuola, alla spesa e alle bollette da pagare, non puoi vivere il disagio psicologico e il dolore: semplicemente, non te lo puoi permettere. Sotto questo punto di vista, quindi, la Mabel di Cassavetes è la progenitrice di una stirpe di donne oppresse non solo psicologicamente ma anche socio-economicamente. Basi pensare a molte delle eroine (spesso sfortunatissime) di Lars Von Trier, o alla Grazia di Respiro.

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Gena Rowlands interpreta Mabel in Una Moglie (1974)

A questa tematica già di per sé delicata, Cassavetes aggiunge un ulteriore livello di complessità, persino di ambiguità. A fianco di una Gena Rowlands nei panni di una Mabel sempre più disperata, sempre più braccata da vicini e parenti, torna Peter Falk, grande amico di Cassavetes e già apparso in Mariti (1970). Peter Falk interpreta Nick, il marito di Mabel. Convinto, persuaso, forse addirittura manipolato da una piccola corte di maligni consiglieri, Nick cede e si lascia convincere a spedire Mabel in clinica per qualche mese.

 Con l’uscita di scena ci Mabel, il film si concentra sul personaggio del marito. Nick ha sempre amato Mabel: se ha deciso di mandarla in cura è stato veramente per il suo bene. In più, è un padre esemplare e affettuoso, un capo-famiglia solido, un instancabile lavoratore. Eppure… Eppure c’è qualcosa che non va in Nick. Qualcosa di dissonante, di poco convincente. Più passa il tempo, nella casa che senza Mabel sembra vuota e triste, più Nick presenta dei comportamenti strani, a volte indecifrabili. Una melodia di note stonate che il silenzio causato dall’assenza di Mabel ha reso finalmente udibile.

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Peter Falk nel ruolo di Nick

Il dubbio, davvero angosciante, che si impossessa dello spettatore più attento è proprio questo: che forse, sotto sotto, anche Peter non è normale, anche lui è pazzo come Mabel. Una moglie, quindi, diventa uno studio sottile ma feroce su un modello di società capace di opprimere le donne e, allo stesso tempo, di imprigionare gli uomini. Mabel è una anormale, quindi inaccettabile. Paradossalmente, però, l’idea di una donna inaccettabile è più accettabile di quella di un uomo anormale. Una donna, per definizione, è fragile, dunque merita di essere protetta, perdonata o, al limite, corretta, ‘aggiustata’ quando una delle rotelle del suo delicatissimo meccanismo smette di girare. Al contrario, un uomo, sempre per definizione, è forte, quindi non può essere “sotto l’influenza” di chissà cosa, quindi non deve essere curato. E del resto, se si chiude l’uomo in manicomio, chi è che porta avanti la baracca?

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Nick e Mabel

Nonostante la loro povertà e ignoranza, i ‘poveri folli’ di Cassavetes giungono a delle nuove consapevolezze. Si accettano, perché si amano. Dopo le urla, le lotte, i litigi e i piatti rotti, rimangono Mabel e Nick. Due pazzi che si amano, che si amano proprio perché pazzi. Forse perché solo i pazzi hanno scoperto il modo di amare senza riserve, incondizionatamente.

Una Moglie è di un’umanità che rapisce e schiaffeggia, ricordandoci il dolore e l’inquietudine di essere vivi. Peter Falk duetta e duella con una Gena Rowlands gigantesca, la cui interpretazione iper-realista, esasperata e disperata di Mabel è entrata nei manuali di recitazione e storia del cinema.

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John Cassavetes dirige gli attori sul set

Un film di due ore e mezzo, girato ‘a spalla’, Una Moglie è un miracolo del cinema indipendente. Candidato a due Oscar e quattro Golden Globes, con questo film Cassavetes ha sdoganato il cinema indie dando una lezione di stile all’industria cinematografica. Una lezione che, forse, andrebbe ricordata più spesso.

Concludo ricordando che nel 1998 il famoso critico cinematografico Roger Ebert definì Una Moglie “il più grande film di Cassavetes”. Non aveva torto. Una Moglie è un tour de force rabbioso e caotico. Un film che ci catapulta in una realtà cruda, difficile, con squarci improvvisi di felicità e di amore. Un amore che, per quanto folle e forse proprio perché folle, è sempre possibile, nonostante tutto.