Home Speciale Approfondimenti Ciclo Bertolucci – 1962 “La commare secca”

Ciclo Bertolucci – 1962 “La commare secca”

-“Anvedi quanto so grossi, ma campeno?”

-“Te credo che campeno, finché nun trovano uno che se li magna”

Come grossi pesci in una vasca del parco, i personaggi dell’opera prima di Bertolucci, sopravvivono, almeno fin quanto riescono. Il loro è un tirare a campare, fatto di rimedi, lavoretti e furtarelli. Sono ragazzi che la strada ha reso uomini, disposti a qualsiasi cosa “pé na cirioletta con la marmellata”.

La Commare Secca indaga sull’assassinio di una prostituta della periferia romana, cercando l’innesto tra un noir classico e la neo tradizione pasoliniana iniziata appena un anno prima con l’uscita dell’Accattone.

Il film rappresenta uno degli incroci artistici più importante della storia del cinema nostrano. Il soggetto del film scritto da Pasolini vine sceneggiato da Sergio Citti e affidato dai produttori Tonino Cervi e Alfredo Bini ad un giovanissimo Bernardo Bertolucci che al tempo delle riprese aveva appena 21 anni ma veniva dall’esperienza di aiuto regista proprio per Accattone.

Il titolo della pellicola simboleggia la morte e fa riferimento ad un celebre sonetto di Gioachino Belli citato nell’inquadratura finale del film: «… e già la Commaraccia secca de strada Giulia arza er rampino». La Strada Giulia di cui parla il Belli è la famosa via Giulia dove sorge la Chiesa della Morte eretta nel 1573 e famosa per la cripta sotterranea, un tempo cimitero della confraternita dove furono inumate più di 8000 salme.

Anime come quelle della Roma di borgata, che rubano radioline o borselli alle coppie che s’imboscano per fare l’amore. Quelle che vivono alle spalle delle cravattare napoletane. C’è un soldato calabrese (Allen Midgette che ritroveremo in Prima della Rivoluzione) che prova a rimorchiare goffamente ogni ragazza che gli passa davanti. Ci sono anche Francolicchio e Pipito che vogliono far colpo su Domenica e Milly, organizzando un pranzo ed è per questo che cercano disperatamente 2 mila lire. Si fanno adescare da Silvio Laurenzi che diverrà negli anni 70, uno storico costumista del cinema italiano. Poi c’è Natalino, friulano, che cammina sempre con dei rumorosi zoccoli ai piedi.

Ma soprattutto c’è tanta Roma. San Paolo, Parco Paolino, oggi Parco Schuster dove s’incrociano tutti i personaggi legati dall’omicidio della prostituta.

Storie di una Roma che non c’è più ma in fondo “n’è cambiata pe’ gniente”. Quella Roma del “volemose bene e annamo avanti” come diceva il compianto Remo Remotti in “Mamma Roma: Addio!”

Ci sono le musiche del maestro Piccioni e c’è Come nasce un amore, cantata da Nico Fidenco che aveva conosciuto il successo poco più di un anno prima con il brano Su nel cielo tratto dal film I Delfini di Citto Maselli. L’avevamo detto che La Commare Secca è uno sbalorditivo incrocio artistico.

Eh il giovane Bertolucci? Ha carisma, talento e idee chiare. Il regista riesce a depasolinizzare il film con scelte estetiche estreme, virtuose. La sua non è la prospettiva di chi empatizza col sottoproletario pasoliniano, piuttosto a Bertolucci interessa lo spettatore. Forse i suoi veri personaggi devono ancora arrivare.

Presentato alla 23ª edizione della Mostra di Venezia, il film divise critica e spettatori aprendo ad una nuova stagione cinematografica, poco “prima della rivoluzione”.