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American Horror Story: Cult- Recensione

American horror story

Anche la settima e ultima (per il momento) stagione della serie horror antologica American Horror Story, ideata da Ryan Murphy e Brad Falchuk, è arrivata alla sua fine.

Dopo American Horror Story: Roanoke, dove Murphy aveva fatto sì che la serie si riprendesse dai punti bassi di American Horror Story: Hotel, ci viene fatto un grande regalo con Cult. Se Murder House era incentrata su una casa infestata dai fantasmi, Asylum su un ospedale psichiatrico con all’interno il diavolo nel corpo di una suora, Coven su una congrega giovanile di streghe, Freakshow su un circo di fenomeni da baraccone, Hotel su un albergo con all’interno una sadica vampira e Roanoke di una casa in un villaggio infestato, Cult ci riporta ai giorni nostri ed è un manifesto della malvagità della società, posta attraverso l’ascesa di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti.

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Evan Peters è Kai Anderson in American Horror Story:Cult.

Ally Maifayr-Richards (Sarah Paulson) e sua moglie Ivy (Alison Pill) vivono col loro figlioletto Oz (Cooper Dodsen). Ally rimane sconvolta dopo la notte delle elezioni, in seguito alla vittoria di Donald Trump, tanto da scoppiare in lacrime a causa della preoccupazione per la sua situazione. Trump omofobo, sessista e razzista, a capo di una nazione che dovrebbe essere ormai libera da pregiudizi. Soprattutto Ally, che è una madre omosessuale, una donna femminista, liberale e lottatrice, teme per la sua famiglia.

Allo stesso momento, Kai Anderson esulta per la vincita del presidente sperando in una rivoluzione, mentre sua sorella Winter (Billie Lourd) si dispera, avendo lei votato per Hilary Clinton. Successivamente, Ally, che è in cura da uno psichiatra per le sue fobie dei clown, fori e sangue, comincerà a sentirsi minacciata da alcune presenze esterne. Un gruppo di persone travestite da clown si introdurrà in casa sua più volte e comincerà una scia di lunghi omicidi, segnando le case delle vittime con uno smile disegnato col sangue di queste ultime. Intanto, il ribelle e mentalmente instabile Kai Anderson tenta di avere successo in politica, supportando Trump e abusando poi di potere per controllare le menti delle persone.

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Sarah Paulson è Ally in American Horror Story: Cult.

Ryan Murphy, dopo l’incredibile American Crime Story e  la spettacolare Feud, che riprendeva la lunga e contorta faida dalle dive della vecchia Hollywood Bette Davis e Joan Crawford, ci ha regalato un’ulteriore stagione della popolarissima e amata American Horror Story, che tanto negli anni è divenuto un prodotto commerciale e che con le ultime stagioni, aveva avuto attimi di decadenza.

Con Cult, però, si ribaltano le carte in tavola e per la prima volta l’ideatore non include nulla di soprannaturale nell’intera vicenda. Bensì, ci mostra come la natura umana sia più pericolosa dei morti, dei demoni o delle streghe. Perché siamo noi uomini a metterci l’uno contro l’altro e a compiere le peggiori efferatezze, a distruggerci e auto-distruggerci. Murphy ha creato un pretesto. L’utilizzo della politica e dei misteri del governo, per farci addentrare nel delirio umano che oggi permea ancora di più l’intero mondo.

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Evan Peters in American Horror Story: Cult, 7×11.

Cult non è altro che lo specchio della società in cui abbiamo sempre vissuto. Uno specchio che ci fa rivivere ogni macabro atto ideato dall’uomo con un malato abuso di potere, che poi termina in una macabra e cruda carneficina. Da Jim Jones, che con il fanatismo religioso è stato l’ideatore del massacro di Jonestown, per aver indotto 909 persone, tra cui bambini e neonati, al suicidio, a Valerie Solanas (che tentò di ammazzare Andy Warhol).

Charles Manson, che giocava ad essere Satana e Dio al medesimo tempo e spinse la sua setta a commettere gli omicidi Tate/LaBianca. Per arrivare infine, poi, a David Koresh, che, asserendo di aver avuto una missione da Dio in persona, aveva rapporti con minorenni nel suo ranch. Lì viveva la sua setta e Koresh poi uccise agenti di polizia prima di morire nell’assedio insieme ad altre 75 persone.

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Ally, la protagonista di American Horror Story: Cult.

Dapprima Cult venne pensata come una serie incentrata interamente su Charles Manson. Murphy però cambiò idea poiché era già stato fatto qualcosa di simile nella serie Aquarius con David Duchovny (X-Files). Così, l’idea passò all’utilizzo di sette per mettere in atto pazzia umana e sete di potere.

Cult, come titolo, rispecchia esattamente lo spirito della stagione. Ma la setta qui è solo un mezzo per esplicare omicidi, corruzioni e violenze di ogni tipo che l’uomo umano reprime dentro di sé. Persino la più innocua vittima, si rivela parte integrante del sadico branco. La vendetta, che dovrebbe spettare alla legge, sfugge di mano ai membri dell’associazione omicida e spinge loro ad andare oltre. Il motto è ”battersi e morire per la causa”. Ma quale causa, e di chi?

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Kai e Ally in American Horror Story: Cult

Il manipolatore e ”sovrano divino” da seguire e a cui obbedire è Kai Anderson. Prendendo come esempi Manson e Jones, usa la sua intelligenza e il suo carisma da psicolabile per manipolare le persone. Tramite questo controllo delle menti, le induce a compiere atti indicibili. Egli gioca con le menti deboli e con le vittime del sistema, per utilizzarle per la vendetta contro il sistema stesso. Ma Cult ci dimostra che spesso, le cose non vanno come vorremmo. Che anche il più abile degli psicopatici assassini, può compiere errori e cadere nelle trappole. In Cult l’umano da vittima diviene carnefice, riappropriandosi del potere e avendo la sua agognata vittoria.

Ma, come disse un tempo Pirandello, ogni anima indossa maschere, maschere sotto le cui nasconde altri sé. Alle volte, si finisce per diventare proprio come colui che più odi: siamo tutti le facce della stessa medaglia. E, cosa più importante, nella vita nessuno è, veramente, una vittima. Perché? Ogni individuo, dietro le apparenze, può celare la più inquietante delle verità e rivelarsi chi non ti aspetteresti mai. Come disse Charles Manson:”Guardami dall’alto e vedrai in me un pazzo, guardami dal basso e vedrai in me un Dio. Ma guardami dritto negli occhi, e vedrai te stesso.