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Alias Grace: i labirinti dei ricordi e la donna

Dopo il successo di Handmaid’s Tale, è stata la volta di Alias Grace, miniserie televisiva anch’essa figlia del genio di Margaret Atwood. La miniserie narra la vera storia di Grace Marks, immigrata irlandese, accusata di duplice omicidio. Il racconto prende forma attraverso i ricordi della ragazza, narrati per bocca di Grace stessa al dottor Jordan. Compito del dottore, è quello di studiare la mente di Grace per trovare una risposta ai vuoti di memoria che la ragazza lamenta. Tuttavia l’uomo si lascia catturare sempre di più dal labirinto dei ricordi. Questa piccola perla televisiva, è incentrata sulla figura della donna in mondo misogino e sui labirinti dei ricordi.

Portare sullo schermo i romanzi di Margaret Atwood non si può certo dire sia semplice. Ci vuole coraggio e grande capacità di attualizzare le forti storie narrate nei libri. Con The Handmaid’s Tale, si mostra un futuro buio, dove la donna è ridotto ad un semplice mezzo. L’umanità è ridotta ad una materia oscura. Si attuano verità e crimini che oggi stesso l’uomo rifiuta di vedere.

Alias Grace pone ancora l’accento sulla donna e sui processi mediatici. Prima bastava che un giornale scrivesse una cosa diversa dalla verità, affinché questa cambiasse la propria natura e si diffondesse. Cosa cambia oggi? In realtà non molto se pensiamo a social come Facebook o a Internet. La velocità di diffusione di una notizia e delle relative opinioni, oggi è ancora più veloce. Posto questo, Alias Grace parla delle confessioni di una donna divenuta un vero e proprio oggetto di un processo mediatico. Processo uguale a quelli a cui assistiamo ancora oggi.

Il giudizio sulla donna tendeva a cristallizzarla  in categorie fisse che non accettavano sfumature: angelo o demone. Grace essendo un’immigrata, partiva già svantaggiata. L’accusa di omicidio ha portato poi l’opinione della gente non solo verso la categoria negativa. L’ha portata a etichettarla come manipolatrice e fredda calcolatrice. Questi giudizi non dipendono solo dal verdetto del giudice. Essi nascono dal bisogno della gente di usare queste etichette come certezze per comprendere ciò che non colgono, per avere delle verità cui aggrapparsi. Sono morte due persone, è stata Grace…deve essere stata lei. La donna si addossa tutto il peso dei giudizi e delle crudeltà mediatiche.

Facendo un confronto tra Alias Grace e The Handmaid’s tale, si può giungere ad una conclusione. Possono cambiare le epoche storiche, ma tante tendenze e pensieri rimangono. Le donne in questa storia affrontano violenze, aborti, umiliazioni, abusi fisici e mentali. Fanno i conti con false promesse da parte di uomini facoltosi. Sottostanno a violenze per ricevere consensi. In entrambi i casi, le donne sono quasi oggetti.

La magistrale Sarah Gadon interpreta Grace Marks

Il comportamento mutevole di Grace rende tutto enigmatico, non solo la verità sugli omicidi, ma anche la verità sulla propria natura. E’ una verità che continua a sfuggire. Il dottor Jordan la rincorre dietro ai suoi ricordi ma ogni volta che pensa di aver colto qualcosa, questo vola via. Ciò gli rende difficile analizzare la mente di Grace. Il suo scopo non è tanto capire se sia realmente colpevole o meno, quanto comprendere gli schemi alla base del suo comportamento. Tuttavia questo è tutto tranne che semplice. La prima scena della serie è emblematica. Grace ci appare allo specchio mentre cambia espressione in base a tutti i giudici ricevuti negli anni. Scaltra, stupida, idiota, ingenua. Sufficiente a farci dubitare di qualsiasi cosa dica. Afferma addirittura che sarà lei a decidere cosa raccontare al dottore e cosa tenere per se.

Per il dottor Jordan è la mente di Grace la chiave per capire. Essa è difficile da decriptare tanto che sarà lo stesso dottore ad entrare in una profonda crisi. Attraverso i suoi ricordi e ciò che decide di non raccontare, capiamo quanto la sua mente sia un labirinto complesso e profondo. Nemmeno Grace stessa probabilmente sa quanto sia buio e pericoloso. Diverse cose hanno contribuito a costruirlo. Il passato di violenze subite dal padre, ma anche quello subito dal bombardamento mediatico; la perdite di tutte le figure che Grace amava di più; l’essere donna in una società fortemente misogina; l’ingenuità di una ragazzina arrivata dall’Irlanda.

Nel pieno della sua crisi, il dottor Jordan arriva ad una conclusione. Il complesso labirinto non porta a nessuna verità definitiva, anzi rende tutto molto relativo. Grace forse non ha mai voluto raccontare la verità assoluta, ma la propria, quella che la fa stare meglio. L’ha fatto mettendo in piedi il racconto avvincente della sua vita. Ciò che conta non è cercare di mettere insieme i pezzi, ma conquistare il dottore, dargli qualcosa di interessante. Funziona. L’uomo si lascia conquistare da questa donna che entra nei suoi sogni. Grace racconta storie per lui. Queste storie sono vere o false? Sono solo ciò che le serve raccontare o c’è della verità? Non lo sapremo mai.

Edward Holcroft è il dottor Jordan

Grace non è l’unica donna vittima della storia. E’ circondata da altre figure molto forti dalle quali è inevitabilmente influenzata. Grace incontra Nancy e Mary in due momenti differenti della sua vita ed entrambe sono ai suoi occhi vittime della società e peccatrici. Mary apre un nuovo mondo a Grace, le insegna come vivere e tante verità sull’universo femminile. Ha la “faccia tosta”, è tutto quello che Grace non è ma che potrebbe/vorrebbe essere. Idem per Nancy. Non è solo sfacciata, nonostante sia una governante, indossa abiti sfarzosi e orecchini.

Questo innesca un doppio atteggiamento in Grace: la ammira ma allo stesso tempo la detesta. La loro influenza  è talmente forte che Grace cuce un trapunta con molti richiami alle due donne, nelle stoffe usate e nei ricami. Perchè proprio una trapunta? Forse perchè è uno dei simboli della donna, del lavoro di casa, una dimensione che l’uomo non può conoscere, nella quale non potrà mai entrare. Rimane propria solo alla donna, qualcosa su cui l’uomo non può sempre prevaricare.

Alias Grace è sicuramente una serie imperdibile. Un prodotto ben confezionato che conquista fin da subito. Il cast è un punto assolutamente a favore. Sarah Gadon (Grace) ha dato una prova notevole. La chiave del personaggio di Grace sta proprio nelle mutevolezza delle sue espressioni. L’attrice è stata abilissima nel mostrarle tutte, nel mostrare tutte le sfumature di Grace. Bisogna vedere la serie fino alla fine per capire e apprezza ancora di più il suo lavoro. La Gadon ha anche imparato a ricamare e cucire le trapunte per avere un riscontro più simile alla realtà.

Anche il montaggio è particolarmente riuscito. La storia è un insieme di ricordi, pensieri ed emozioni assemblati in base alle modalità scelte da Grace. Il montaggio segue questo ritmo, assieme ai vari flashback e i filtri che danno alla storia un tono oscuro e onirico.

Grace e Mary

Se non lo avete ancora visto, Alias Grace vi aspetta su Netlix.

 

Articolo a cura di Lagertha