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A mente fredda – Bill Pullman scacchista nella nuova spy story di Netflix

 Ottobre 1962. Gli Stati Uniti e l’URSS sono in stallo a causa della crisi missilistica cubana.

A poco più di 2mila di distanza, in un bar di Brooklyn, Joshua Mansky (Bill Pullman) genio della matematica, ex giocatore di scacchi e alcolista, viene avvicinato da un’affascinante donna Eleanor Stone (Lotte Verbeek), che in realtà è un agente della Cia. Poche ore dopo Mansky drogato e rapito dai servizi segreti è in viaggio verso la Polonia, chiamato a sostituire il defunto campione americano in una sfida all’ultima mossa con il campione russo Alexander Gavrylov (Yevgeny Sidikhin). Anche se in stato confusionario a causa dell’abuso di alcol, Mansky dovrà servire il suo paese: “Piano B: abbiamo bisogno che tu sia un patriota.”

The Coldest Game (A mente fredda) è una classica spy story che ammicca alla storica sfida tra Bobby Fisher e Boris Spassky nel 1972, riletta come estensione della Guerra Fredda.

Curiosa e inquietante storia quella che riguarda il film prodotto da Piotr Woźniak-Starak, collaboratore di registi del calibro di Volker Schlöndorff e Andrzej Wajda. L’uomo infatti, figlio di Jerzy Woźniak difensore dei dissidenti anticomunisti negli anni Settanta, è morto poco dopo la fine delle riprese in circostanza molto misteriose all’età di 39 anni. Una storia nella storia, forse più interessante del film stesso.

La pellicola, diretta dall’esordiente regista polacco Łukasz Kośmicki, gioca con una serie di luoghi comuni di genere e personaggi stereotipati.

Ma la regia scolastica può davvero poco nel mettersi al servizio di una sceneggiatura completamente sconclusionata. La trama è infatti piena di buchi narrativi e inspiegabili twist, tali da rendere il film noioso e prevedibile. La recitazione di Bill Pullman è a tratti imbarazzante, giustificabile solo per il fatto di essere stato catapultato nel progetto solo pochi giorni prima dell’inizio delle riprese a causa della rinuncia da parte di William Hurt. Sicuramente meglio Lotte Verbeek sprecata nel ruolo dell’agente Stone, improbabile femme fatale. Esteticamente si salva solo la fotografia di un veterano come Pawel Edelman, fedele collaboratore di Roman Polański anche nel recente L’ufficiale e la spia.

La conclusione con tanto di immagini di repertorio e didascalie, testimoniano inoltre una imbarazzante ingenuità ideologica.

A meno che non siate appassionati di scacchi, A mente fredda è senza dubbio uno dei peggiori film che vedrete su Netflix.