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1917 – La Recensione

“Sono solo un povero straniero viandante in viaggio attraverso questo mondo. Non c’è malattia, né fatica, né pericolo in quella terra luminosa in cui vado”.

Sono alcune parole di I Am a Poor Wayfaring Stranger brano popolare britannico che un soldato canta davanti al suo battaglione e ad un esausto William Schofield (George MacKay).

Nel 1917 si combatte in trincea la prima guerra mondiale. Le truppe tedesche in Francia si sono ritirate dietro la Linea di Hindenburg, ma è una trappola. Due giovani soldati britannici Schofield, appunto e Blake (Dean-Charles Chapman), sono stati incaricati di consegnare un dispaccio che avverte dell’imminente attacco a sorpresa dei tedeschi. Una missione suicida ma che potrebbe salvare la vita a 1600 commilitoni, tra cui anche il fratello di Blake.

Ispirato ai racconti di guerra di Alfred Hubert Mendes, che aveva combattuto per due anni sul fronte francese servendo nella 1st Rifle Brigade, 1917 è il nuovo film del nipote e regista Sam Mendes, Premio Oscar, vent’anni or sono, per American Beauty.

Impressionante esperienza immersiva che strizza l’occhio ai più recenti intrattenimenti videoludici, 1917 è un film formalmente coinvolgente e di straordinario impatto visivo.

La pellicola come un flusso continuo, è concepita da Mendes e dal direttore della fotografia Roger Deakins in diversi piani sequenza, e poi montato come se fosse un’unica ripresa di 119 minuti. Tendine, dissolvenze in nero/svenimenti e altri espedienti simili già visti in passato, hanno reso possibile sezionare le parti del film. Mendes s’ispira ad autori/film come Kubrick/Full Metal Jacket, Spielberg/Salvate il soldato Ryan, Cuarón/I figli degli uomini e Nolan/Dunkirk.

Il risultato è un giro in giostra esaltante, un cinema spettacolare e popolare, tanto nella sua accezione positiva che in quella negativa. Se da un lato la pellicola è infatti straordinariamente immediata e spumeggiante, dall’altra rimane esibizionismo fine a se stesso. Mendes non si propone e non propone velleità autoriali, temi o sottotesti narrativi. 1917 è solo un giocattolo impressionante e moderno, espressione massima della grandeur stilistica di un regista che sembra più a suo agio col divertissement del suo ciclo James Bond (Skyfall e Spectre) e con Jarhead che con le ambizioni di Revolutionary Road o il minimalismo di American Life.

La scelta estrema di un unico (o quasi) piano sequenza, amplifica esponenzialmente l’esperienza visiva dello spettatore, ma svilisce l’emozione, minimizzando il dolore e l’atrocità del conflitto. Regista e troupe si spostano da un punto A ad un punto B, pianificando in maniera fin troppo didascalica lo sviluppo narrativo.

Resta comunque esperimento filmico straordinario da vedere e rivedere, anche se troppo Call of Duty e troppo poco Sokurov, per essere idolatrato.